Spedizione Speleologica Papua 2017

Blank Under the Map: Alla Ricerca del Fiume Sotterraneo Perduto di Papua

I satelliti Sentinel ci mostrano ogni angolo del pianeta, i suoi cambiamenti, ogni tre giorni. Sotto questa prospettiva, la Terra potrebbe apparire un luogo sempre uguale, senza zone oscure. Sembrerebbe impossibile trovare spazi vuoti sulle mappe, capaci di affascinare e raccontare storie nuove proprio perché sconosciuti.

Fortunatamente, gli speleologi sanno che l’ignoto e l’esplorazione sono ancora vivi e reali. Le zone bianche sulle mappe si sono spostate, diventando “blank under the map”, nascoste agli occhi dei satelliti. Seguendo i percorsi segreti di aria e acqua, la geografia della Terra resta un territorio da esplorare con il corpo. E seguire l’acqua, soprattutto se abbondante, può riservare sorprese incredibili.

Sognando le Grotte della Nuova Guinea

Come speleologo, sono cresciuto leggendo e sognando le esplorazioni di Minye, Nare e altre grotte incredibili della Nuova Guinea. Luoghi dove roccia, acqua e vuoto si uniscono, rendendo difficile la vita agli esploratori. La speleologia tropicale è varia. Dopo vent’anni di spedizioni a cavallo dell’equatore, con il nostro gruppo ci siamo chiesti se fosse il momento di cercare qualcosa di diverso. Non solo lunghe gallerie fossili, ma anche luoghi dominati dall’acqua.

La Domanda: Il Fiume Sotterraneo Più Grande?

La domanda era semplice: dove si trova il fiume sotterraneo con la maggiore portata? Ed è mai stato esplorato? Nel 2012, sotto il coordinamento del gruppo Acheloos Geo Exploring, è nato il progetto “Call for river”. L’obiettivo era documentare ed esplorare i fiumi sotterranei con il maggiore regime idrico del pianeta.

Call for River: La Ricerca Inizia

Analizzando mappe topografiche, immagini satellitari e calcoli idrogeologici, abbiamo scoperto che molti dei maggiori corsi d’acqua sotterranei del pianeta sono inesplorati e spesso non documentati. La maggior parte si concentra nel Sud Est Asiatico e in Oceania. L’isola della Nuova Guinea sembrava offrire obiettivi grandiosi.

Papua Occidentale: Obiettivo Aouk-Kladuk

Nel 2016, un’indagine nella Bird’s Head, la penisola settentrionale di West Papua (parte indonesiana dell’isola), ci ha convinto. L’obiettivo erano i grandi trafori idrogeologici e i sistemi carsici creati dal fiume Aouk-Kladuk lungo la sua valle. Con oltre 250 chilometri di lunghezza e un bacino di oltre 4000 km², è uno dei principali corsi d’acqua della penisola.

Nato dal versante meridionale dei monti Tamrau, scorre verso sud-ovest attraverso l’area carsica del plateau di Ayamaru fino al mare di Seram. La posizione del suo bacino, vicino alla catena montuosa, intercetta molte piogge, superando i sei metri annui nella parte alta. Alla foce, la portata stimata è di oltre 300 metri cubi al secondo.

La Verifica sul Campo: L’Aouk-Kladuk Rivela i Suoi Segreti

La verifica sul campo e le prime esplorazioni ci hanno confermato che l’Aouk-Kladuk poteva essere ciò che cercavamo. Lungo la sua valle, il fiume ha creato grotte e trafori con una portata media stimata in oltre 180 metri cubi al secondo in alcuni tratti. Un luogo di acqua e pietra, intrecciato con la storia e la mitologia dei Mey Mare, la popolazione che abita queste foreste, e con i racconti degli antichi esploratori della Nuova Guinea.

Esploratori del Passato: Beccari e Ilgen

Odoardo Beccari, il primo europeo a visitare l’interno della penisola nel 1873, esplorando la valle del fiume Wa Samson, arrivò a circa dodici chilometri dall’Aouk. Nel suo ultimo viaggio nel 1875 raggiunse la foce, nel golfo di Samei, dove riconobbe e descrisse per primo la lunga dorsale di coni calcarei dove scorre il fiume.

Alcuni decenni dopo, nel 1914, il tenente Gustav Ilgen, a capo di una pattuglia di esploratori olandesi, riuscì a raggiungere e fotografare l’imbocco di uno dei trafori. Nella mappa che contribuì a produrre, una piccola sigla segnava per la prima volta l’esistenza di una parte del corso sotterraneo dell’Aouk.

La Nostra Missione: Seguire il Fiume Nascosto

A oltre un secolo da quel primo segno su una carta geografica, la nostra spedizione si proponeva di seguire il fiume lungo il suo corso. Volevamo esplorare e documentare questo incredibile patrimonio geologico. Perché anche oggi, nell’era dei satelliti, è ancora tempo di cercare luoghi e nuove storie da raccontare.

0°57’25”S 132°20’18”E Waykut: Speleologia Non Convenzionale

Il primo contatto con il grande fiume e le sue grotte è sempre sconvolgente. L’anno scorso, le nostre esplorazioni si sono concluse con un Banjir, più di una piena, un vero e proprio tsunami di fiume. Nonostante la nostra volontà, qui le stagioni secche non esistono. I giorni passano esplorando gallerie tra una piena e l’altra.

Quando va bene, ci muoviamo con trenta o quaranta metri cubi d’acqua al secondo. Quando piove forte, è meglio uscire rapidamente. Giocare con così tanta acqua in grotta è strano. C’è un limite sottile tra divertimento e pericolo, fatto di velocità dell’acqua, turbolenze, trappole e tronchi.

Tecniche e Attrezzature Speciali

È una speleologia diversa dal solito, un mix di tecniche e attrezzi. Accanto a caschi e attrezzatura da grotta, usiamo corde galleggianti, giubbetti di salvataggio, moschettoni a sgancio rapido, arpioni, tagliasagole e persino una variante delle piccozze da ghiaccio, costruita per risalire controcorrente. E ovviamente, gli immancabili Packraft, i kayak gonfiabili per navigare gallerie e rapide sotterranee! Tutto per ignorare la paura che incutono il fiume e il suo rumore.

Waykut e Quan: Morte e Rinascita

Il luogo esige rispetto: Waykut, il luogo delle eclissi, il grande portale dove il fiume scompare e dove iniziano il viaggio dei morti, i padri e le madri che diventano antenati dei Mey Mare. Aouk è la loro voce. Ma il fiume, dopo il suo percorso sotterraneo, emerge in un luogo di nascita e vita: Quan, l’immagine della donna pronta a partorire. Nei racconti del nostro amico Samuel, morte e rinascita si uniscono nel corso sotterraneo dell’Aouk.

La Calata Pericolosa

Questi pensieri mi attraversano la mente mentre scendo la lunga calata di oltre 150 metri che ci porta direttamente davanti al portale. Non è tanto l’altezza a preoccupare, quanto la roccia a cui siamo ancorati: calcarenite del Miocene, un calcare corallino pieno di conchiglie e sabbia. Marc ha detto di non aver mai trovato una roccia peggiore per fissare gli ancoraggi. Eravamo tutti d’accordo.

Guardo perplesso le grosse viti da 12mm che abbiamo fissato. Thomas ha impiegato più di mezz’ora a trovare un pezzo di roccia solida, grande come una mano, dove avvitarle. Il suo ultimo messaggio via radio prima di scendere è stato laconico: “Ok! Ne ho trovato un pezzetto solido grande come una mano!”.

Il Fiume Vince Ancora

Nonostante tutto, alcuni giorni dopo, stringendo la fine dell’ultima corda, dobbiamo accettare che anche questa volta il fiume è stato più forte di noi. È strano essere in una galleria larga quasi quaranta metri e alta oltre settanta e non poter proseguire. Nuotare o andare in kayak non sarebbe un problema. Ma in questo tratto, con le sponde verticali e la corrente fortissima, senza un traverso di sicurezza non potremmo tornare indietro.

In tre settimane, esplorando circa sei chilometri di enormi gallerie, abbiamo iniziato a dare una forma ai trafori dell’Aouk. Una river cave unica, con una portata media di circa 50 metri cubi al secondo, paragonabile alla Xe Bang Fai in Laos o al sistema Gebihe in Cina, tra le due o tre più grandi del pianeta. Ovviamente, è solo un arrivederci. La sfida con Waykut è rimandata al prossimo anno.

Kladuk_Ilgen Sink: Il Fiume Cambia Nome

L’Aouk è un fiume con molte storie da raccontare. Lungo il suo corso, decide di cambiare nome e diventare Kladuk. Ormai è enorme, con un bacino di oltre 2800 chilometri quadrati dove piove sempre. Raramente la sua acqua non è scura e limacciosa. Siamo più vicini al mare che alle montagne, ma il fiume non ha perso l’abitudine di scomparire sottoterra. Questo è il nostro secondo obiettivo.

Un Traforo Incredibile: Il Kladuk Sottoterra

Vogliamo esplorare un traforo potenzialmente incredibile, percorso da un fiume con una portata stabile di 130-180 metri cubi d’acqua al secondo. Le immagini satellitari mostrano chiaramente il punto dove il fiume scompare e dove riappare in un’enorme rapida di acque bianche. Nel mezzo, grandi chiazze nere sembrano enormi pozzi da esplorare.

Riconoscendo la Storia: La Foto di Ilgen

Arrivati davanti al grande lago dove il fiume s’inghiotte, riconosciamo la foto scattata oltre un secolo fa dal tenente Gustav Ilgen. Come allora, un’enorme catasta di legna copre la superficie dell’acqua come una lastra di ghiaccio. Sembra di camminare su terreno solido, ma sotto scorre il fiume. Sul fondo, una parete e una bocca larga e bassa.

Ci avviciniamo con cautela. Un grande antro prosegue all’interno fino a quella che sembra una parete, un sifone. Qui non si può né nuotare né camminare. Non ci resta che tentare la risorgente a valle.

La Potenza della Risorgente

Se a monte il Kladuk scompariva quasi silenziosamente nel grande lago, qui dove esce ruggisce con tutta la sua forza. Più che rapide, sono vere e proprie onde. Anche se è in magra, saranno oltre cento i metri cubi che sputa verso di noi. Purtroppo, anche da questo lato l’acqua esce sotto la parete. Non ci resta che contemplare la più grande risorgente carsica del pianeta.

Il Tiankeng: Il Fiume a Metà Strada

Nel vicino villaggio di Saluk, conoscono bene il loro fiume e la sua abitudine di nascondersi sottoterra. Così, il loro Re ci accompagna presso una di quelle macchie scure a metà strada. Dall’alto, il ruggito è inconfondibile. Sotto questo Tiankeng scorre il Kladuk. Tra foresta e pareti, una lingua d’acqua torna alla luce per settanta metri, attraversandolo da un lato all’altro. Lo spettacolo è grandioso.

Purtroppo, anche qui due sifoni ci sbarrano la strada. Abbiamo ancora pochi giorni a disposizione. Mentre risalgo, penso che con più tempo, forse cercando meglio, potremmo avere più fortuna. Eppure, sono contento di aver vissuto questo luogo incredibile. Pensandoci bene, mi sembra giusto che il fiume sotterraneo più grande del pianeta abbia deciso di conservare intatto il suo buio e il suo mistero. Almeno fino alla prossima spedizione…

Andrea Benassi (coordinatore spedizione Papua 2017)

Partecipanti: Andrea Benassi, Ivan Vicenzi, Thomas Pasquini, Katia Zampatti, Riccardo Pozzo, Tommaso Biondi, Marc Faverjon e Paolo Turrini.

Ringraziamenti agli Sponsor: Petzl, Rodcle Equipment, Korda’s, CT Climbing technology, Kikko Lamp, Repetto Sport, Enomad, AlpackaRaft, Società Geografica Italiana, Società Speleologica Italiana, Museo di Storia Naturale di Firenze, Museo di Storia Naturale di Verona, Unione dei Comuni della Romagna Faentina, Parco regionale della Vena del Gesso, Parco regionale delle Dolomiti Friulane.