I BOSCHI DELLA VALLE DEL SENIO

E’ stato presentato nell’ottobre scorso nella sala del Cinema Senio il libro “ i boschi della valle del Senio” scritto da Roberto Rinaldi Ceroni. Erano presenti, oltre al sindaco di Casola, Giacomo Bugané presidente dell’APS Geolab, editrice del libro, e Rossano Montuschi, dirigente del distretto montano del consorzio di bonifica che ha finanziato l’opera.
Il libro descrive le fisionomie dei boschi nel loro svolgersi storico dalla metà del ‘700, epoca a partire dalla quale si trovano le fonti più attendibili. Dal punto di vista geografico l’area di studio è la valle del Senio a sud della via Emilia.
Da dove è partito il tuo interesse per i boschi?
Mi sono occupato di storia del paesaggio agrario fin da quando insegnavo allo Scarabelli. Ho pubblicato un ebook sulla memoria del gelso e della seta e, insieme a una collega, un contributo sulle risaie imolesi nel ‘700. I boschi, così come ricoprono oggi le nostre colline, non ci sono mai stati se non risalendo a più di tre secoli fa. L’agricoltura mezzadrile di sussistenza e la pressione demografica avevano reso spogli i versanti e i boschi veri e propri erano una rarità. Si coltivava tutto anche su pendenze impossibili e soprattutto il pascolo, delle capre in particolare, falcidiava i ricacci delle piante arboree.
Quando camminiamo dentro a un bosco pensiamo di trovarci a contatto con una natura addirittura incontaminata per quanto ricca è la biodiversità e la maestosità delle piante.
Eppure anche se ci appaiono al più alto grado di naturalità recano i segni delle attività umane. Non c’è un ettaro di qualsiasi bosco nella nostra valle dove l’intervento dell’uomo non abbia lasciato traccia. Forse è più difficile scovare questi segni e saperli leggere mano a mano che il tempo passa. Con la scomparsa della civiltà contadina, dopo l’esodo rurale del secondo dopoguerra, la nostra società sta dimenticando quella che è stata per secoli una vera e propria cultura del bosco a sostentamento delle genti di collina e di montagna.
Dai rimboschimenti realizzati negli ultimi ottanta anni ai cedui da cui si ricava legna da ardere, alle tracce delle antiche carbonaie i nostri boschi hanno tutti una forte impronta umana.
Le frane di maggio hanno per gran parte interessato anche i boschi. Comunemente si pensa che il bosco sia un valido presidio al dissesto idrogeologico…
E infatti lo è. Gli eventi di maggio hanno avuto carattere talmente eccezionale che qualsiasi presidio non ha retto. A Casola sono caduti più di 530 mm cioè 5,3 quintali di acqua su ogni metro quadrato su terreni che erano già saturi. Una massa insostenibile. Gli alberi pesano e quando crescono su roccia friabile e scivolosa come quella su cui abitiamo succede che crollano in frane di colata. E’ contro gli eventi ordinari che il bosco mantiene la sua funzione ad esempio trattenendo e rallentando il decorso a valle dei sedimenti che finiscono con l’innalzare il letto dei fiumi in pianura. Dopo l’alluvione di Firenze del 1966 lo stato investì nei rimboschimenti. Si era capito che il contrasto al rischio delle alluvioni doveva partire fin dalla montagna. Per adesso non trovo traccia di questa consapevolezza nelle misure messe in atto dalle istituzioni.

La Redazione