Terminati i lavori di ristrutturazione della Biblioteca Comunale
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- Scritto da Benedetta Landi
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Volgono ormai al termine i lavori di ristrutturazione della Biblioteca Comunale “G. Pittano”, che negli ultimi mesi hanno consentito la messa in sicurezza dello stabile. All’interno, sono stati realizzati il consolidamento del piano calpestabile della sala Biagi Nolasco, un accesso OpenSpace alla Biblioteca, sono stati apportati interventi all’impianto elettrico ed è stata sostituita la precedente centrale termica a gasolio con una a metano. All’esterno sono state eseguite opere di miglioramento sismico, è stata completata la tinteggiatura delle facciate e sono stati realizzati un marciapiede di collegamento tra via Fondazza e Via Soglia (che permetterà un più diretto accesso al servizio dei bagni pubblici) e una pavimentazione in pietra del piazzale antistante la facciata della Biblioteca.
I lavori, rallentati dalle chiusure conseguenti all’emergenza Covid, sono ora giunti al termine, e la Biblioteca Comunale si prepara a riaprire al pubblico nella sua nuova veste.
Nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, dovute alla ristrutturazione (la quale ha notevolmente ridotto gli spazi, consentendo l’ingresso al pubblico solo in una delle due salette laterali) e al Covid (che ha comportato chiusure prolungate e ha limitato gli orari di apertura), il cuore pulsante della Biblioteca sono rimasti, in questo periodo, i suoi utenti, i quali non hanno mai abbandonato la lettura e i servizi di prestito, usufruendo delle consegne a domicilio e continuando a incontrarsi per i consueti incontri di lettura… ovviamente ONLINE!
Il 1° dicembre 2020 la piattaforma Lifesize ha infatti accolto “Gli amici della biblioteca”, i quali, sebbene con una modalità nuova e particolare, hanno raccontato dei libri che hanno tenuto loro compagnia in questo periodo di chiusura e incertezza. Certo, gli incontri mediati da uno schermo non possono sostituire quelli faccia a faccia. Inoltre la tecnologia talvolta gioca qualche brutto scherzo e ci si ritrova improvvisamente senza connessione, con la batteria scarica o con l’audio mal funzionante… ma è stato bello ritrovarsi anche così, e potersi scambiare consigli di lettura.
I libri aprono possibilità, ti fanno entrate in mondi fantastici e nuovi, ti fanno viaggiare con la fantasia e ti fanno conoscere personaggi con i quali instaurare una vicinanza emotiva... in questo periodo di isolamento e scarse relazioni sociali, la lettura è un modo per continuare a viaggiare e a incontrare persone, sia tra le pagine del romanzo, sia davanti ad uno schermo, nel momento in cui si condividono le proprie letture con altri amanti dei libri.
Benedetta Landi
IL RACCONTO DI SABRINA
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- Scritto da Paola Giacometti
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Ho chiesto a Sabrina, ex mia cara collega nella scuola primaria, di raccontarmi il trapianto di rene che ha coinvolto lei (come donatrice) e suo marito Paolo (come ricevente) nel mese di agosto. Questo fatto ha molto colpito tutti i Casolani, anche perché la notizia è trapelata pochi giorni prima dell’intervento, è rimasta riservata fino all’ultimo, ne erano a conoscenza solo i familiari ed alcuni amici intimi.
Questo trapianto ha avuto risonanza anche sulla stampa regionale con articoli sul Resto del Carlino e La Repubblica per il fatto che la donazione è stata fatta da un vivente, in questo caso la moglie.
Avevo pensato di riportare l’intervista, ma poi, per come si è svolta, preferisco un racconto.
Ora, 23 settembre, Sabrina sta progettando il rientro a scuola, ne ha tanta voglia , ha ripreso le forze e si sente pronta a “riabbracciare” i suoi alunni, con le dovute protezioni naturalmente! Non dimentichiamo infatti che hanno vissuto il momento delicato del trapianto nel momento molto delicato per tutti del Covid 19!!
Paolo è invece a fare gli esami di routine a Bologna, la sua convalescenza sarà un po’ più lunga perché il ricevente dell’organo ha il problema del rigetto da tenere sotto controllo.
Comunque la funzionalità dell’organo sembra andare bene. Quando Sabrina ha lasciato l’ospedale per tornare a casa è passata a salutare suo marito ben protetta e coperta come un’ astronauta, l’aveva visto l’ultima volta prima dell’intervento quando a lei stavano per togliere il rene e Paolo aspettava in una saletta attigua di poterlo ricevere, come un bel salvagente lanciato per salvare la vita.
A dire il vero Paolo non ha mai corso il pericolo di perdere la vita per quell’unico rene che aveva smesso di filtrare a dovere il suo sangue. Da quasi tre anni, con una macchina da dialisi sistemata a casa, riusciva a mantenersi in salute, ma quella macchina, chiamata amichevolmente prima Tilde poi Claire, era invadente, ingombrante ed esigente nella loro vita: pretendeva di passare con loro 8 ore ogni notte! Doveva seguirli in ferie: mare o montagna che fosse, pretendeva che gli appuntamenti venissero rigorosamente rispettati!
Un supplizio ormai, erano riconoscenti sì verso questa ancora di salvezza, ma bloccati da una necessaria artificiale pulizia quotidiana del sangue: la stanchezza era sempre più palpabile in Paolo, ma anche in Sabrina, la vita era abbastanza costretta dalle esigenze della macchina. Sabrina mi racconta con qualche sospirone come sono giunti circa due anni fa a cercare qualche altra possibile soluzione.
La soluzione più definitiva e la più “ liberatrice” era il trapianto, ormai
Un’ operazione di routine per il sant’Orsola Malpighi di Bologna.
Lista d’attesa….tempo che scorrre…….macchina sempre più invadente…..ma ci sarà un’altra possibilità per accellerare i tempi?
-Donazione da un vivente, da un familiare, dopo avere verificato la compatibilità!-
Paolo rifiuta subito l’ipotesi suggerita dai medici, nessuno dei suoi familiari, cioè il figlio e la moglie, devono esporsi ad un dono cosi impegnativo. Lui non ci pensa neanche!
Allora….fermi tutti i progetti….ferma la situazione….ferma la speranza di ritornare ad una vita più normale ….ma Sabrina non ci sta!
Lei, escludendo, d’accordo con Paolo, la donazione da parte di Edo, il figlio, vuole provare a vedere se c’è mai compatibilità con lei.
Iniziano a muoversi, Sabrina decisa, Paolo reticente.
Quale futuro per il nostro cinema?
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- Scritto da Enrica Dalla Vecchia
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Il cinema Senio di Casola, gestito fino all’anno scorso da un’Associazione presieduta da Luigi Barzaglia, si trova ora in una situazione di “vuoto”, in quanto la convenzione con il Comune del paese è scaduta e si sta cercando di capire se potrà continuare ad essere attivo.
“Abbiamo registrato una nuova Associazione che prende il nome di “Nuovo Cinema Senio” – spiega Alberto Fiorentini, Presidente dell’organizzazione – per fare in modo che il cinema di Casola continui con le sue attività e non sia costretto a chiudere. L’Associazione è composta da diversi ragazzi del paese, ma, a causa del Coronavirus, il cinema si trova in una fase di stallo.”
“Il nostro augurio per l’anno prossimo, pensando che il Covid non ci sia più e che la situazione sia risolta, - continua Alberto – è che il cinema sia attivo a partire dalla fine del 2021.”
Gestire una sala cinematografica in una realtà piccola come quella di Casola non è affatto semplice, tuttavia provare ad attuare strategie che soddisfino gli interessi dei cittadini è importante e necessario per cercare di mantenerla in vita.
“I film che vanno per la maggiore sono quelli per famiglie e per bambini/ragazzi, come ad esempio i film di supereroi . Questo tipo di programmazione di solito ha un riscontro molto positivo. – afferma Alberto - Quello che però serve è una maggiore partecipazione: inizialmente l’Associazione era composta da una quindicina di persone, ma adesso siamo rimasti in tre. L’intento, quindi, è quello di coniugare la programmazione cinematografica all’utilizzo del cinema per fini artistici. Come associazione c’è la volontà per fare in modo che il cinema continui a dare un servizio di intrattenimento per famiglie e giovani.”
Ciò che l’Associazione “Nuovo Cinema Senio” vorrebbe fare è istituire un calendario che coinvolga e soddisfi anche le altre associazioni presenti a Casola, per far sì che la sala cinematografica non venga utilizzata solo per proiettare film, ma che possa essere utile anche per le iniziative delle altre associazioni casolane.
Enrica Dalla Vecchia
Caos MARADONA
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- Scritto da Fabio Donatini
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Io Maradona non lo ricordo bene. No, non bene. Adesso è facile. Prima ricordare bene non era così ovvio.
Ma ricordo che sembrava bizzarro, l'estate dei Mondiali in Italia, che l'Argentina avesse perso con il Camerun la prima partita della manifestazione.
Molto entusiasmo, nelle campagne di collina come nella piazza del paese, per la sconfitta del talento contro l'impegno. Del prevedibile, contro l'imprevedibile. Ricordo. Molto bene.
Dunque, nella mente di bambini e degli esseri maturi, un tributo inconscio alla sostanza e al caos. Sostanza e caos. Strano, conflittuale forse; ma tutto sommato credibile.
"Hai visto, Maradona ha perso?"
"Hai saputo dell'Argentina?"
"E alla fine non è riuscito a segnare…"
Io pure, che guardavo mio padre caricare pesche susine, che era l'ultimo giorno di scuola credo, che mi confondevo per l'estate in arrivo, io, pure, ne rimasi lieto. Lieto, spensierato e lieto.
Ero lieto perchè uno che non poteva perdere, aveva d'improvviso perso. E perchè i deboli, succede quindi, possono battere i forti.
Bhe, se questa necessità di gioire dell' imprevisto, di sorridere all'incapace che batte il capace, ha un senso, lo ha perchè probabilmente, Maradona, era archetipo di qualcosa di indecifrabile, ma che aveva a che fare con il "non sono belle le cose troppo scontate". Oppure: "A noi uomini piace ciò che non ci aspettiamo". E ancora: "A noi, esseri umani, piace quando un poco mette in difficoltà un tanto". Dunque, se il fato ha creato una sorte dove il poco e il tanto sono in eterno conflitto, questa sorte sarà ammirata, o, almeno, sarà studiata.
Poi sarà amata. Odiata. Amata. Odiata. E amata ancora. In tempi e in spazi diversi, con caos e passione. Sarà il nostro eroe, nemico, condottiero, avversario.
E infatti in quell'estate Maradona non era il buono. Quel pomeriggio del '90 contro il Camerun, Maradona era il cattivo. Era il cattivo, in quella partita con l'Inghilterra, per quegli inglesi che ancora oggi, nei pub, fanno cambiare canale. Era il cattivo, quando pranzava con l'allibratore di Bagnoli, per chi combatteva gli stilemi mafiosi. Era il cattivo.
Ma poi, poi non vuol dire. Poi le cose sono, e basta, e se regali matematicamente più sorrisi che lacrime, l'umano e l'animale, il vegetale non so, tende ad affezionarsi. E cattivo e buono diventano due termini di poco valore, utili solo se guardi Il Trono di Spade o se credi ancora alle finzioni della politica.
Sostanza o talento quindi? Caos o prevedibilità? No, in questo caso, il caso "Maradona", tutto. Tutto insieme. Come, ora che ci penso attento, in quasi tutti quelli che conosco e ho conosciuto.
A San Donato c'è solo il caldo
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- Scritto da Michele Righini
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Fabio Donatini firma una nuova regia, un documentario dal titolo San Donato Beach. Prodotto da Zarathustra Film, è stato presentato all'ultimo Torino Film Festival, riscuotendo un successo andato ben oltre le aspettative. Se volete vedere il trailer lo trovate qua: https://www.youtube.com/watch?v=p2m-y0h8PIE. Di seguito alcune considerazioni, anche personali, se invece volete capire di cosa parla trovate un sacco di recensioni in rete.
Sono certo che tutto sia iniziato nell’estate del 2003, estate dolce per alcuni versi (che non sto qui a dirvi) e famigerata per altri che invece vi dirò. Quell'anno iniziò quel caldo folle che prima non esisteva e che invece adesso è normale nei mesi estivi. Iniziò il due maggio 2003 (quindi tecnicamente non era nemmeno estate...) e non mollò il colpo fino a fine settembre. Sono certo che tutto sia iniziato allora perché io c’ero, io abitavo in San Donato quell’estate, avevo una nuova morosa (alla fine vi dirò anche perché fu un’estate dolce se vado avanti così...) e tre coinquilini: Albo, che dormiva con la testa nel terrazzino di 80 cm quadrati per combattere il caldo, Lori, con il quale ci disputavamo l’uso dell’unico sgangherato ventilatore di casa, e Fabio che adesso su quel caldo ci ha fatto un film.
Secondo me anche l’idea di questo film ha iniziato a frullargli in testa in quella torrida estate di 17 anni fa, una delle prime trascorse a San Donato. Si deve essere reso conto già allora che non rimane molta gente in agosto in quel giro di strade che sta subito al di là del ponte: via Amaseo, via Galeotti, piazza Mickiewicz... Un discount, un bar a fare da punto di riferimento e, come dice Patrizia all’inizio del film, un gran caldo.
Quando in un posto è molto caldo, o molto freddo, la gente tende ad andarsene. Pensate al deserto che di giorno è caldo caldo e di notte freddo freddo, non ci sono molte cose nel deserto. Quindi le poche cose che ci sono si notano, emergono, colpiscono l’occhio di chi lo osserva (e magari ci si ritrova dentro per caso, errore, necessita, o perché si è perso). Se va bene quello che si nota in lontananza è un’oasi. Nella maggior parte dei casi invece è un cactus. Che ha comunque una sua utilità, ci insegnano i western. Credo che sia successa la stessa cosa con questo film: Fabio, bloccato nel caldo agostano di San Donato, ha notato i cactus, le poche persone rimaste in quello stretto giro di vie. Persone, non personaggi, che normalmente si mimetizzano fra la folla ma che in quel deserto spiccavano come cactus. Con le loro spine e con una scorta d’acqua chiusa dentro di sé, invisibile per tutti quelli che non hanno la voglia, il tempo, la curiosità di farci due chiacchiere. Fabio, lo credo io poi dirà lui se è vero, ha semplicemente inciso quei cactus (poi la smetto con questa similitudine, promesso) per fare sgorgare le loro storie. Non li ha intervistati, è rimasto lì ad ascoltarli mentre parlavano e raccontavano. Il fatto che avesse con sé una telecamera e qualcuno che gli desse una mano a girare (“una troupe ridotta al minimo e attrezzatura leggera”, dicono le note inviatemi dall’ufficio stampa) era un dettaglio di fronte all'urgenza di potere raccontare, per la prima volta, le proprie sfortune, i propri rimpianti, le rare gioie e le scarse ma tenaci speranze.
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