Continua la nostra esplorazione dei casolani che hanno fatto della musica un lavoro oppure che la vivono con grande passione. Abbiamo visto come nuovi gruppi rock stanno nascendo e crescendo in questi anni. Oggi rispolveriamo una “vecchia gloria” della musica casolana, chitarrista dotato di talento, grintoso, amante dell’heavy metal e di tutto quello che vi ruota intorno, fondatore dei Backlash ad inizio anni Novanta. Marco Campoli. Ovviamente a Casola lo riconosciamo più per il suo lavoro da ingegnere ma ho scoperto che in questi anni non ha abbandonato la sua Gibson Les Paul.

Ciao, facciamo un piccolo riassunto per i più giovani e per i più distratti. Tutto inizia molti anni fa. Ti abbiamo sempre visto con una chitarra elettrica in mano. Come è nato il tutto?

Fin da piccolo ho seguito i classici corsi di musica per bambini, senza che una vera fiamma si accendesse in me. Poi, ai primi anni delle superiori, mi accorsi che le cassette che alcuni ragazzi più grandi mettevano a tutto volume nella corriera per Faenza delle 06:50 facendo infuriare l’autista di turno, mi piacevano parecchio. Ma il battesimo di fuoco è avvenuto con il mio primo concerto dei leggendari Iron Maiden nel 1992.

Poi ci sono stati i gruppi casolani. Hai un ricordo in particolare?

Negli anni ’90 a Casola c’era un incredibile fermento musicale, probabilmente frutto di un irripetibile momento per la musica rock da cui anche noi eravamo travolti. Ricordo i Mirrors, i Lesti, gli Aldamera, … e le serate dei Backlash (con Nicola, Lorenzo e Simone) a tutto volume alla piscina, in piazza, al cinema, con vari gruppi dei più disparati generi musicali (con anche una non dichiarata competizione): quando era il nostro turno, era immancabile lo stop con la pattuglia dei Carabinieri che interveniva per sedare i nostri rumori molesti!

Già da tempo sono nati i “Vicolo Inferno”. Raccontaci qualcosa della band e del vostro suono.

Con i Vicolo suoniamo del 2003, da quando, tramite un messaggio affisso in una bacheca di una scuola di musica di Imola, ho conosciuto il cantante Igor. Nella prima formazione schieravamo alla batteria anche Simone, un altro ex casolano trapiantato in città. Da allora abbiamo suonato con vari avvicendamenti di formazione, un po’ in giro, in una marea di locali… anche se in alcuni non sarebbe valsa proprio la pena! Il sound di noi “rockers della domenica” è un hard rock metal bello tosto e sanguigno, con qualche fondamenta nel grunge, ma non sono molto bravo a definire i generi… ti garantisco però che il volume è sempre quello dei vecchi tempi!

Tra noi appassionati di musica ti associamo ad un certo stile musicale, all’heavy metal che nonostante il passare del tempo continua ad avere un pubblico affezionato, interessato, partecipe, una sorta di fedeltà  Che cosa ti lega a quel mondo che non è solo musicale, ma anche un’attitudine, uno stile, un immaginario ben preciso?

Sicuramente l’attitudine rock è qualche cosa che non si riesce a trasmettere se non fa parte di te… anche se ormai i media definiscono rock un sacco di cose che con il rock non hanno nulla a che fare. Hai l’impressione che il pubblico la possa percepire mentre suoni ad un concerto e ti restituisca energia positiva.

Molti gruppi ambiscono alla produzione e alla pubblicazione di un proprio album, magari senza grandi pretese di sfondare ma per concretizzare un progetto musicale. Nel vostro caso ho letto che avete pubblicato due album.

Dopo il primo mini “Hell’s Alley” autoprodotto nel 2005, nel 2013 abbiamo pubblicato “Hourglass” e nel 2017 “Stray Ideals” con l’etichetta di Brescia logic(il)logic Records che ci cura distribuzione e promozione… peccato che oggi ormai vendere un cd è un’impresa titanica!!! E’ sempre più necessario esporsi su piattaforme con video, dirette, … Il livello richiesto delle produzioni è molto alto, la concorrenza è spietata (le nuove generazioni sono tecnicamente preparatissime). Cerchiamo di difenderci con un po’ di esperienza… anche se il tempo a disposizione è sempre meno.

Ho saputo che con la tua band avete fatto anche un mini tour in Inghilterra. Immagino sia stata un’esperienza elettrizzante, il sogno di ogni ragazzo che inizia a suonare.

Eh sì, il sogno di ogni ragazzo… anche se quando siamo partiti non ero proprio un ragazzo ma un quarantenne con una terza figlia appena nata.

Non ti immaginare però il classico tour in hotel a 5 stelle!!! Considera che il primo stop c’è stato alla partenza alle 03.30 sotto casa di Igor quando Carabinieri di Imola ci hanno fermato, pensando stessimo svaligiando il palazzo: sono entrati nella via in contro mano a sirene lampeggianti spiegate e… “chefffffate e dddddove ve ne annnnate a quest’ora ehhhhh??” e noi “andiamo in Inghilterra”… loro “mizzzzzzegha e peccchè nunciannnnnate n’aereo???”!!! E’ stato benaugurante... 6 concerti in 8 giorni, 4000 km sul nostro jet privato (un impagabile furgone stipato di attrezzatura e strumenti da caricare e scaricare), il ponte del traghetto sulla Manica all’alba, speronamenti in rotonde prese contro mano, pasti gratuiti offerti da un gruppo di Evangelisti che ci avevano preso per homeless e ci volevano a tutti i costi a cantare nel coro della loro “Church”, pernottamenti in posti dove neanche Bear Grylls avrebbe soggiornato.

Proprio per questo è stata un’esperienza unica. Non ti nascondo che qualche serata memorabile c’è stata tipo quella al The Duke in Galles o quella al Dublin Castle di Camden a Londra, con personaggi che cantavano a squarciagola sotto il palco, non chiedermi cosa però, non saprei dirtelo… di sicuro ci sono alcune storie da poter raccontare ai nipoti.

Ovviamente l’età avanza, lo dico scherzando ovviamente, ma il sogno di fare il grande salto nel mondo della musica è un sogno oramai riposto in un cassetto oppure rimane vivo?

Oggettivamente ho smesso di credere nella possibilità del grande salto nel 1994 ma in pratica ci si prova sempre come il primo giorno!

 

Grazie

 

Intervista a cura di Riccardo Albonetti

 

 

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