Intervistiamo il nostro Sindaco Giorgio Sagrini per avere alcune delucidazioni sul dibattito intorno alla cava di Monte Tondo, situazione che almeno nell’opinione pubblica casolana si sta caricando di preoccupazioni. Ci teniamo intanto a chiarire che l’intento di questa intervista è di informare i cittadini per fare un punto della situazione preciso. In futuro avremo modo di intervistare le parti in causa, ma al momento abbiamo bisogno di avere punti fermi da cui partire per un ragionamento.

Se non abbiamo letto male e se le informazioni che circolano non sono errate, il punto di rottura sta nella richiesta da parte della Saint Gobain dell’ampliamento della capacità estrattiva nella cava di Monte Tondo. È corretto?

E’ necessario, precisare in premessa che siamo nella fase di verifica e aggiornamento del Piano Infraregionale delle Attività Estrattive. Verifica che, come stabilito dalla L.R.17/1991, Disciplina delle attività estrattive, deve avvenire ogni 5 anni …ed è stato nel corso del 2017 che la Provincia ha provveduto ad eseguire la verifica quinquennale del PIAE (Piano Infraregionale della Attività Estrattive), con validità fino al 2023. La stessa L.R.17/1991 stabilisce inoltre che il PIAE sia sottoposto a verifica generale almeno ogni 10 anni e che alle relative procedure si dia avvio almeno 2 anni prima della scadenza. La Provincia di Ravenna nei tempi sopra indicati ha avviato l’iter per la Variante Generale al PIAE, che dovrà corrispondere ai contenuti ed ai criteri previsti dalla L. R. n° 17/1991.

Obiettivo della Variante Generale al PIAE sarà quello di prevedere il soddisfacimento dei fabbisogni di materiali (argilla, ghiaia, sabbia e gesso) al 2031, garantendo la sostenibilità ambientale delle previsioni.

Ciò premesso e per venire alla domanda, la proprietà della Cava – il Gruppo Saint-Gobain - non ha ad oggi presentato formalmente nessuna richiesta di ampliamento. Ha bensì sottoposto all’attenzione delle Amministrazioni coinvolte, sulla base degli elementi a sua disposizione, una propria analisi che evidenzia diversi ambiti d’incongruità con le previsioni dello studio, risalente ai primi anni duemila, sulle modalità di coltivazione ottimali applicabili al polo estrattivo del gesso, e ha posto l’esigenza di determinare tempi e condizioni della prosecuzione dell’attività estrattiva in funzione delle esigenze produttive e occupazionali dello stabilimento casolano, delle possibili innovazioni dei processi industriali che possano salvaguardare e tutelare il lavoro e il reddito degli addetti diretti e dell’indotto, e per programmare le azioni di tutela, di ripristino e anche di utilizzo a fini turistici e museali della cava.

Da quanto emerge dai documenti ad inizio anni Duemila era stato posto un limite per l’estrazione del gesso. A che punto ci troviamo?

 

 

Un importante ambito oggetto di valutazione sarà proprio quello in cui ricade la cava di gesso di Monte Tondo, ubicata nella Vena del Gesso Romagnola. La Cava di Monte Tondo è stata indicata - fin dal 1989 - come “polo unico” estrattivo del gesso in Emilia-Romagna. Questo aspetto – per le sue implicazioni di ordine economico e occupazionale, unito al valore ambientale e paesaggistico della Vena del Gesso Romagnola, ha reso necessaria fin dai primi anni 2000, la definizione di specifiche “modalità di coltivazione ottimali applicabili al polo estrattivo del gesso”.

La previsione di coltivazione indicata dal PIAE vigente si è sviluppata, infatti, attraverso la predisposizione di uno studio, redatto in quegli anni, i primi anni duemila - poi recepito dal PIAE - sul quale si è sviluppata un’importante attività di partecipazione e coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, compresi i portatori di interessi collettivi e dell’associazionismo.

Vista l’importanza regionale del sito, le Amministrazioni comunali interessate e la Provincia si sono rivolte alla Regione per attivare la verifica e l’aggiornamento dello studio risalente ai primi anni duemila sulle modalità di coltivazione ottimali applicabili al polo estrattivo del gesso. Aggiornamento che sta alla base della previsione del vigente Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE).

È questo il primo passaggio, indicato dalla Provincia e dai Comuni di Casola Valsenio e Riolo Terme, per dotarsi di un quadro tecnico adeguato sul quale poter poi sviluppare un’ampia attività di partecipazione e di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, al fine di definire quali esigenze produttive ed occupazionali possano essere compatibili con quelle di tutela ambientale e paesaggistica, anche in relazione con il sistema del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola.

 

Sappiamo benissimo, ed è inutile nascondercelo, che in buona parte il futuro produttivo, economico ed occupazionale di Casola gravita intorno a questa azienda. Quante sono le persone che lavorano nello stabilimento di Casola e quante aziende ricadono nell’indotto?

Gli occupati nello stabilimento Saint-Gobain di Casola Valsenio sono oltre 80, una decina lavorano nella cava e almeno 40 sono gli occupati delle aziende e attività dell’indotto …trasporto del materiale di cava, aziende artigiane – soprattutto casolane – impegnate nella manutenzione degli impianti industriali.

 

La Federazione Speleologica ha espresso forte preoccupazione per un eventuale ampliamento della zona estrattiva.  SI legge in un articolo tratto da Scintilena (rivista speleologica) in cui veniva pubblicizzato un convegno, una vera e propria accusa “Nonostante i molti anni a disposizione, amministrazioni e comunità locali non si sono preoccupati di chiedere e sostenere la necessaria riconversione dell’attività produttiva, in grado di salvaguardare gli aspetti occupazionali e sociali conseguenti alla chiusura del polo estrattivo, prevista dal patto a suo tempo condiviso da tutte le parti in causa”. Come si pone l’Amministrazione di fronte a parole così nette?

La voce degli Speleologi sembra molto convincente e ragionevole, ma allo stesso tempo appare come la posizione di chi poi non vedrà cambiate grossomodo la propria vita. Voglio dire, anche laddove la Vena del Gesso diventasse Patrimonio Unesco difficilmente si riuscirebbe ad arrivare alla totale riconversione dei posti di lavoro. Esiste un piano industriale della multinazionale?

La scommessa, la sfida dei prossimi anni, è proprio questa… La variante generale del PIAE deve poter prefigurare un arco temporale dell’attività estrattiva che permetta di definire quelle azioni e strategie funzionali a un piano industriale che orienti sempre più la produzione dello stabilimento casolano sul riutilizzo del cartongesso dismesso, anche con l’organizzazione su scala nazionale di un sistema di raccolta, riciclaggio e recupero di questo materiale.

 

Se per un attimo ci limitiamo a fare da spettatori non è difficile notare che siamo sempre di fronte ad uno dei dilemmi caratterizzanti il nostro tempo. Lavoro o ambiente? Produzione o tutela? Posti di lavoro o preservazione del sistema ambientale? In effetti sembra molto difficile sciogliere questo nodo. La politica ovviamente deve decidere e procrastinare in eterno non è possibile. Molte volte l’ambiente è stato brandito come una bandiera da sventolare a cui hanno fatto seguito poche azioni, altrettante volte il lavoro viene sventolato come un diritto inviolabile ma non è sempre tutelato. Quanto tempo rimane per decidere?

Vogliamo garantire un approccio a questo tema non su base ideologica, ma entrando nel merito ed analizzando ogni aspetto, al fine di contemperare le esigenze produttive ed occupazionali della nostra realtà con le necessarie attenzioni in termini ambientali e paesaggistici, anche in relazione con il sistema del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola.

L’area di proprietà ed interessata dalla Cava di Monte Tondo, si trova all’esterno del territorio del Parco, nel cosiddetto pre-parco.

Se si considera anche l’area contigua di cui fa parte l’area di Cava, questa risulta essere una porzione di territorio che corrisponde circa allo 0,9% dell’intero territorio del Parco.

Anche se esterna al Parco della Vena del Gesso, l’area è comunque interessata da vincoli ambientali di cui si è tenuto e si dovrà, tenere conto.

Fatta salva la sostenibilità ambientale/paesaggistica nel rispetto delle norme e definite le modalità e le tempistiche di ripristino dell’area di monte Tondo, sarebbe certamente più saggio e lungimirante condividere, realizzare ed avviare sin da subito, un Piano Strategico ambizioso dal punto di vista turistico/esperienziale. Puntando ad impegnare la proprietà nel sostenerlo in maniera efficace, implementando quello spirito di collaborazione che ha già evidentemente dimostrato in questi ultimi anni.

 

Intervista a cura di Riccardo Albonetti, Francesco Rivola e Roberto Rinaldi Ceroni

 

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