-          “Pronto?…ohi Cava, cosa mi dici?”

-          “Massimo è diventato sindaco di Faenza e stasera suoneremo in piazza a Faenza!” –

Quando Cristiano Cavina mi ha chiamato, nel pomeriggio del giorno successivo alle elezioni, sinceramente, dentro di me ho pensato: “Lo sapevo già dal 1990 che Massimo avrebbe, prima o poi, ricoperto un ruolo politico importante e credo che sia solo l’inizio di un lungo percorso!”

Fra noi giovani ragazzi degli anni ’90, a Casola, Massimo Isola è sempre stato un leader, un trascinatore, ed io ho sempre percepito il suo entusiasmo nell’inventare tutto ciò che, in quegli anni (profondamente diversi da oggi) mancava ai giovani in un piccolo paese dell’Appennino Romagnolo: praticamente quasi tutto.

In realtà, credo che la generazione del ’74, a Casola, sia stata speciale e non lo dico solo perché sono il primo nato in quell’anno funestato da crisi economica e terrorismo. Ne sono profondamente convinto perché ho avuto modo di stringere amicizie vere, con persone dotate di grandi virtù e capacità intellettive frutto anche delle importanti esperienze del passato, vissute dai nostri genitori.

Con Massimo ho condiviso gli anni in cui l’evoluzione fisica e mentale corre veloce. Un giorno ti svegli e ti senti profondamente legato ai tuoi giochi dell’infanzia, il giorno dopo sogni di guidare l’auto e scorrazzare senza patente sulle colline di notte, con i tuoi amici (fatto poi avveratosi in una calda notte d’agosto del ’91).

Ogni giorno sognavamo di fare qualcosa e diventare qualcuno. Prima il calcio, che ci ha legato indissolubilmente nei ricordi magici raccontati e magistralmente cristallizzati per sempre da Cristiano nel suo romanzo Un’ultima stagione da esordienti. Poi la musica, la cui scoperta fu un intenso percorso che partì dalle origini del rock fino ad arrivare al noise-punk e ai centri sociali, nel giro di 5 anni.

Nella nostra compagnia di amici (maschi-prevalente) nonostante fossimo tutti dotati di carattere e temperamento tutt’altro che scialbo, non vi erano grandi gerarchie.

Ho sempre pensato che ognuno di noi fosse in realtà un leader, a modo proprio. Questo si percepiva, silenziosamente, e veniva in un certo senso riconosciuto, senza doverne parlare. C’era chi dimostrava le proprie doti a scuola, chi nello sport, chi nella musica, chi nei rapporti umani e chi… con le ragazze! Il nostro denominatore comune era comunque il riconoscimento reciproco della personalità, del carattere talvolta sanguigno che contraddistingue tipicamente il romagnolo-montanaro.

La fame di sapere e sperimentare ha sempre caratterizzato Massimo, come confermato in età adulta nelle sue prime missioni politiche, in particolare come Assessore alla Cultura, proprio in quel di Faenza. Seppur seguendo dalla fredda vetrina dei social network il suo operato, in questi ultimi anni, ho sempre percepito nei suoi sguardi lo stesso entusiasmo che ci accompagnava nei lunghi pomeriggi estivi a comporre canzoni o ascoltare a luci spente i Pink Floyd, a tutto volume, così forte che coprivano le lamentele dei vicini. Un assolo di David Gilmour suonato in via Cenni (dove abitava Massimo, nella Casola alta) poteva essere percepito chiaramente fino in Piazza Sasdelli (dove abitavo io), tant’è che mia mamma una volta mi disse - “Ma non sarete mica voi che tenete la musica così alta, in paese?!”

Ogni giorno, per tutti noi, doveva diventare speciale per non cadere nella noia che a quell’età, quando hai poco, rischia di trascinarti in una dimensione apatica. Forse questo lo percepivamo involontariamente, istintivamente e quindi ci adoperavamo in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo per coltivare i nostri sogni, piccoli o grandi che fossero. Quello che ci mancava, lo creavamo noi.

 

 

 

Una delle cose più divertenti e significative che mi piace raccontare ai miei amici “cittadini” è quando riuscimmo a “deviare” il traffico dalla via Emilia in direzione Statale 306, verso la sperduta località di Sasso, ai piedi della Vena del Gesso, portando centinaia di giovani ad una mega festa organizzata da noi, 7 o 8 ragazzi neanche ventenni. La festa a Sasso diventò un must per anni, era un rito laico con cui si celebrava la metà dell’estate a suon di musica. Una rilettura di quegli eventi, a distanza di anni, mi porta a pensare che le feste erano anche l’occasione per trasmettere a tanti nostri coetanei la determinazione e l’ostinazione nel fare e creare anche quando apparentemente non hai nulla.

A noi ragazzi casolani dei ‘90 veniva spontaneo così e Massimo (grazie anche alla generosità della sua famiglia, tollerante e di grandi vedute) ha sempre accolto tutti, sia che fossimo in casa sua o nella casa di campagna.

Una cosa di cui mi sono accorto a distanza di tempo è la completa assenza di violenza e risse a queste feste, nonostante si incontrassero contemporaneamente vite totalmente distanti fra loro, ma accomunate dalla voglia di divertirsi, come è giusto che sia a quella età. Se ci ripenso ora, il rischio che si potessero creare situazioni “pericolose” durante una notte di festa sfrenata potevano essercene migliaia, ma questo non successe mai, tutt’altro, l’atmosfera era sempre molto serena. Ricordo addirittura che una notte vennero i Carabinieri (probabilmente richiamati dal flusso di auto e dal volume della musica che risuonava lungo la valle del Senio) i quali divertiti passarono la notte all’ingresso della festa a ridere e scherzare con alcuni di noi addetti alla biglietteria.

L’indole politica di Massimo emergeva già in quegli anni in cui i brufoli caratterizzavano i nostri visi spensierati e pieni di entusiasmo verso il futuro che ci attendeva. Di lui ho sempre apprezzato la voglia di impegnarsi nel fare qualcosa, fosse una festa, un concerto, una mostra, una rassegna cinematografica o un viaggio.

Beh, avrei tonnellate di episodi e aneddoti da raccontare sulle esperienze vissute assieme, ma questo è un mestiere che svolge già in modo egregio l’amico Cristiano Cavina che ha avuto proprio il pregio di rendere immortale la nostra normalità.

Credo che i cittadini faentini abbiano già avuto modo di apprezzare in gran parte le doti e le capacità di Massimo in questi anni, e sono convinto che potranno scoprire tanto altro ancora nei prossimi.

A Massimo posso solo augurare un grande “in bocca al lupo” per tutte le sfide che lo attendono in questo compito stimolante e di grande responsabilità.

Un abbraccio.

Tiziano

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