Politica

Ho seguito la discussione sulle elezioni politiche, e vorrei esporre un punto di vista diverso. E per questo provo a valutare il risultato elettorale di domenica e lunedì, non per come è stato annunciato dagli exit poll o dai sondaggi, ma per quello che raccontano i numeri – quelli veri – e per gli esiti concreti di questo voto.
L’attenzione dei commenti e dei giudizi si è rivolta alle percentuali ottenute dai due schieramenti, separati da uno scarto minimo di voti.
Anche in altre occasioni lo scarto tra uno schieramento e l’altro è stato minimo, ma in quei casi il giudizio e la valutazione si rivolgevano al numero dei seggi conquistati, piuttosto che alle percentuali di voto.

Incredibile, inaudito. Un governo impresentabile, che ha sperperato e spermuto l'italia intera per 5 anni.
Un Presidente del consiglio che ha accumulato gaffes e incidenti diplomatici nazionali e internazionali.
Un premier che ha palesemente fatto i suoi comodi sulle spalle di tutti, criticato da maggioranza e opposizione.

Un premier riconfermato da quasi metà degli italiani.

Si vota domenica 9 aprile dalle 8 alle 22 e lunedì 10 dalle 7 alle 15.

come si vota:
Gli elettori devono recarsi al seggio muniti dell’apposita “tessera elettorale” (chi l’avesse smarrita può chiederne un duplicato) e un documento d’identità valido (gli uffici dell’anagrafe funzionano a pieno ritmo).
Nel seggio l’elettore riceve una scheda di colore rosa per la Camera e, se ha compiuto 25 anni, anche quella di colore giallo per il Senato.
Sulla scheda (40 centimetri per 22) i simboli dei partiti sono accorpati su righe orizzontali a seconda della coalizione cui appartengono.
Per votare basta fare un segno (croce o barra) con l’apposita matita consegnata dagli scrutatori su uno (e uno solo, pena nullità) dei simboli.

Non si esprimono preferenze. Chi lo facesse vedrebbe annullato il suo voto.

Gli scrutini inizieranno immediatamente dopo la chiusura dei seggi cominciando dalSenato.

Votare è un diritto, ma soprattutto un dovere civico.

Oggi è il 9 marzo (qualunque giorno voi leggiate questo articolo) e manca un mese esatto alle elezioni. Ieri Paolo Mieli, direttore del «Corriere», ha pubblicamente preso posizione esternando sul giornale le preferenze sue (e, sembra di capire, del quotidiano in generale) fra Prodi e Berlusconi. Noi non sappiamo fare i giornalisti, quindi prendiamo esempio dai luminari della disciplina e esterniamo anche noi.

A circa 4 mesi dalle elezioni politiche escono gli scheletri dall'armadio.
Non voglio entrare nel merito dei singoli casi che leggiamo su tutti i giornali e vediamo solo su alcuni telegiornali.
La magistratura italiana se potrà (o vorrà) essere indipendente ci dirà la verità.
Il problema è un altro.
Per un motivo o per l'altro tutti sono convolti, citando Ligabue: destra, sinistra, su, giù, centro.

Ricordo che quando facevo le scuole elementari ci portarono in biblioteca a vedere un film, Salvo D'Acquisto, in cui l'allora giovane Massimo Ranieri interpretava l'eroico carabiniere che nel settembre 1943 si sacrificò autoaccusandosi di un attentato antitedesco e salvando la vita a 22 civili innocenti.
 
Cosa c'entra questo film col Berlusconi del titolo? Beh, è ambientato in epoca mussoliniana... No, non è (solo) questo il legame, adesso spiego meglio.
In quel film, a un certo punto, si svolgeva un dialogo fra un personaggio che stava sulla spiaggia e un altro che stava in barca, a qualche metro dalla riva. Siamo nel 1943, ricordiamolo. Questo era il dialogo:

- E' caduto Mussolini!
- Cosa?
- E' caduto Mussolini!!!!
- E che s'è fatto?

L'altro giorno il telegiornale ci ha giocato uno scherzetto di segno opposto. Chissà quanti italiani, alla notizia sparata nei titoli dei TG: 'Berlusconi è caduto!', hanno fatto un salto dalla poltrona al soffitto, emettendo varie esclamazioni. Da 'Ommioddio' (i forzitalioti più convinti, anzi quelli veramente convinti avranno saltato poco, piuttosto un accasciamento improvviso e comunque il dio invocato non era quello comunemente inteso, ma colui che era caduto), a 'E adesso il Milan come farà' (giovane tifoso rossonero ancora ignaro di ciò che si troverà davanti fra qualche anno), da 'Caz.. non credevo che Marco avrebbe avuto il coraggio (folliniano disabituato a parole forti e azioni mediocri) a 'Era ora!!!!!!' (Grillo e qualche altro milione di italiani), fino alla più sonora delle esclamazioni: 'E adesso che c.... facciamo?' (Prodi, Rutelli, Fassino, Bertinotti, Pecoraro Scanio e qualche altro candidato alle primarie, non pretenderete che mi ricordi tutti i nomi, visto che qualcuno non lo si può nemmeno associare a un viso).
Tutte le esclamazioni comunque sono state inutili. Pochi minuti dopo il forzista si è rianimato, Grillo ha smadonnato, il giovane tifoso rossonero ha visto le immagini di Berluska in un'arena che non era S. Siro e non ci ha capito più niente, i folliniani sono rimasti lì tranquilli come prima, e gli unionisti hanno fatto un'interpellanza parlamentare sulla falsità del giornalismo televisivo manovrato dal premier che metteva in giro false voci solo per attentare alle coronarie di Fassino che già è anemico e mica gli si possono dare emozioni troppo forti!
Infatti Berluska era caduto fisicamente, non politicamente, mettendo male un piede su un gradino in Parlamento. Slogatura di una caviglia. Tutto qui? Sì, tutto qui. Un infortunio che a MilanLab te lo risolvono in mezz'ora. Però, in fondo è stato forse l'unico episodio in tutta la legislatura in cui qualcosa (anche se inanimato come un gradino) è riuscito a fare male a Berlusconi, a scalfirlo. Nemmeno il tizio che gli aveva tirato dietro il treppiede aveva ottenuto tanto.
Per finire: si dice che in realtà Berluska sia inciampato perchè sul gradino c'era seduto Fazio, che stava lì da non si sa quanto. E tutti a dirgli: 'Antonio spostati, alzati, vattene!' e lui niente, orecchie da mercante e non si è spostato di un millimetro. E' chiaro che se si va avanti in questo modo alla fine qualcuno ci casca...

Michele Righini
Si è tanto parlato negli ultimi mesi di primarie, sia all'interno del centro-sinistra che del centro-destra, per stabilire chi dovrà essere il candidato-premier dei due diversi schieramenti alle elezioni politche del 2006. Per alcuni si tratta di un'apertura democratica importante, mai era successo in Italia che i cittadini fossero chiamati a esprimere il proprio parere riguardo a questa scelta, che era sempre stata opresa 'dall'alto', per altri è un segno della scarsa coesione interna ai due schieramenti. In ogni caso, in attesa che la coalizione di Governo decida sull'opportunità o meno di svolgere uguale consultazione al proprio interno, come sappiamo il 16 ottobre si svolgeranno le primarie dell'Unione. Abbiamo ricevuto da Giorgio Sagrini le modalità da seguire per recarsi a votare, che pubblichiamo di seguito, insieme al fac-simile della scheda per il voto.

Riceviamo e pubblichiamo da Vincenzo Galassini, Presidente del Gruppo Consiliare di Forza Italia nel Consiglio Provinciale di Ravenna, l'interrogazione che richiede informazioni sulla situazione dei lavori, realizzati e progettati, sulla strada Casolana, ex statale 306. Già tempo fa avevamo parlato di quest'argomento, sempre al centro del dibattito. Siamo naturalmente disponibili per pubblicare un'eventuale risposta.

Ogni mese siamo davanti al momento topico della consegna della busta paga (per chi ha la fortuna di lavorare...), sembra non arrivare mai e la nostra mente, durante l'attesa, si concentra su come utilizzare il sudato denaro.
Purtroppo non appena aperta l'occhio si getta sul fatidico 'netto a pagare' e non ci resta che storcere il naso.

Risultati elezioni referendarie nella collina faentina. Vince l’astensione.Anche la collina faentina volta alle spalle alle recenti consultazioni referendarie per l’abrogazione parziale della Legge 40 del 2004. La bassa affluenza, caratteristica comune in tutt’Italia, ha interessato anche i tre Comuni dell’alto faentino, soliti invece ad alte performance di affluenza.

Ovvero rispondendo a Cristiano e a Giorgio

Sto seguendo con molto interesse il dibattito che si sta svolgendo sul sito de Lo Spekkietto in ordine al prossimo referendum sulla legge 40/2004 avente per oggetto il problema della procreazione assistita e argomenti connessi.
 
Ho letto con molta perplessità l’intervento di Cristiano Cavina, provocato, penso, da un mio precedente articoletto con cui, a nome della parrocchia, preannunciavo l’incontro conferenza con il dott. Mirri che si è svolto martedì 30 Maggio ai Vecchi Magazzini, con buona presenza di un pubblico attento ed interessato, che ha seguito con grande partecipazione la dettagliata e documentatissima esposizione del relatore, intervenendo al termine con numerose domande e richieste di informazioni.
Non ho risposto a Cristiano perché pensavo di poterlo fare direttamente durante la conferenza, visto che lo stesso aveva detto di voler essere presente. Poi purtroppo Cristiano non si è visto e la risposta mi è rimasta in tasca.
Ho letto con sincera ammirazione il ponderoso articolo di Roberta Faziani che con chiarezza esemplare, grande obiettività e correttezza si accollata l’onere di esporre tutti i pro ed i contro del dibattito ed ha fornito veramente a chi abbia seria intenzione di informarsi un materiale prezioso su cui meditare.
Ho letto l’appassionato intervento di Lorenzo che, riprendendo l’intento informativo già sviluppato da Roberta, ci ha offerto ulteriori e questa volta più orientati motivi di riflessione, con l’esplicito invito a non andare a votare al fine di non pregiudicare quanto di buono c’è nella legge 40.
Ho letto infine le considerazioni di taglio più politico inviate dal sindaco Sagrini incentrate soprattutto sul tema della laicità dello Stato e delle relative leggi.
In ordine alla natura dell’embrione, al dovere di tutelarne il diritto all’esistenza in quanto essere umano, alla necessità di evitare il pericoloso slittamento verso pratiche di selezioni eugenetiche, oltre che la deriva disumanizzante verso forme di concepimento completamente svincolate dalle prerogative e peculiarità di un rapporto di coppia ed interamente ridotte ad una mera manipolazione di laboratorio, mi riconosco pienamente nelle ragioni del fronte dell’astensione (o del “no” che dir si voglia) e, come già detto, riassunte magistralmente da Roberta nel suo articolo, oltre che in quelle appassionate ed espresse con molto vigore da Lorenzo.
Ad esse dunque rimando, ritenendo inutile ripeterle, dal momento che sono disponibili e verificabili sul sito de Lo Spekkietto e facilmente consultabili.
Mi interessa invece intervenire in ordine ad alcuni concetti espressi nelle riflessioni di Sagrini e nell’intervento di Cavina perché mi sembrano invero molto “originali”.

Comincerò con Sagrini.
Sagrini, dopo una breve premessa in cui constata che vi sono in campo diverse visioni etiche e morali, si chiede se sia giusto che lo Stato assuma, come vincolanti, orientamenti derivati dalle convinzioni di una certa parte piuttosto che tutelare il diritto di ogni cittadino ad esprimere le proprie opinioni “se e in quanto questo non sia limitativo della libertà altrui”.
Alla faccia, dico io! Non sia limitativo della libertà di chi?
Tutto il problema che ruota attorno a questo referendum è che la libertà di alcuni, come conseguenza delle tecniche che vengono adottate nelle pratiche relative alla fecondazione assistita, coincide spesso con la distruzione di altri.
E chi sono gli altri? Il problema sta tutto qui: gli altri sono gli esseri umani nel primo stadio della loro esistenza, quelli che nel linguaggio corrente si chiamano embrioni, così come dopo un po’ si chiameranno feti, poi neonati, poi fanciulli, poi adolescenti, poi ragazzi, poi uomini, poi anziani, poi vecchi.
Ho detto la distruzione perché, è importante ribadirlo, qui non si tratta affatto di decidere sulla innocua libertà di esprimere un’opinione, ma della libertà di mettere in atto pratiche che distruggono esseri umani.
E il fatto che un embrione sia o non sia un essere umano non è un problema di etica o di morale su cui si possono avere idee divergenti e neppure, in nessunissimo modo, è un problema di religione ma è null’altro che un problema di ragione e di verità (e per quanto riguarda le ragioni di considerare una vita umana quella dell’embrione rimando come detto agli interventi di Roberta e Lorenzo).
Il problema religioso, o morale o etico che dir si voglia sta dunque a monte di tutto questo e riguarda in senso lato il dovere di rispettare la vita umana, l’uomo in quanto tale.
Io non so dove i laici (che poi su sta benedetta parola “laico” bisognerà infine intendersi su chi definisce esattamente dal momento che sempre più spesso, inopinatamente, viene utilizzata e fatta propria, in un completo stravolgimento del suo significato, dai neo dogmatici del moderno relativismo materialista, sia esso di stampo edonista, sia di stampo funzionalista, sia di stampo pseudoscientifico) traggano le convinzioni etiche morali circa il dovere di rispettare la vita umana, tuttavia so che in maggior parte questo dato lo danno per scontato ed acquisito, almeno sul piano dei principi. E’ ovvio che per i credenti in genere e per i cristiani in particolare questa convinzione trae ragione e forza soprattutto da motivazioni religiose.
Ad ogni modo, sia che derivi da convinzioni religiose, sia che discenda da convinzioni, diciamo filosofiche, il principio che la vita di una persona innocente (e chi più di un embrione lo è) debba essere tutelata e difesa e rispettata è ormai patrimonio dell’umanità e non appannaggio dei soli credenti religiosi.
E allora che cosa c’entra la laicità?
Si deve dunque, in nome di non si sa bene quale laicità, lasciare all’arbitrio bizzarro e mutevole delle opinioni personali il destino di una vita umana?Ma l’embrione, si dice, non è una vita umana. E’ ovvio che per chi scrive quest’ultima affermazione è una bestialità, sia sotto il profilo scientifico, sia sotto il profilo della corretta ragione (vedi i soliti rimandi) ma quand’anche si volesse continuare a discuterne, è facile constatare che a livello scientifico (dato e non concesso che la scienza sia l’ultima verità), esiste tutt’altro che concordanza di idee e di certezze, e su questo punto almeno mi pare tutti gli interlocutori siano concordi.
Allora non è giusto, che in nome della più elementare norma di prudenza, lo Stato, cioè la società organizzata, adotti nei propri ordinamenti il principio del dubbio in senso cautelativo per la salvaguardia della probabile (assai probabile) vita umana?
Sagrini tira fuori in modo assolutamente non pertinente il referendum sul divorzio, in modo assai più pertinente quello sull’aborto e, ricordandoci che in quelle occasioni i cosiddetti laici vinsero, ci esorta comunque ad andare a votare.
Lasciamo perdere il referendum sul divorzio,in cui la materia del contendere era totalmente diversa e diversissime, ancorché tutt’altro che indolori, le conseguenze sugli attori dei conflitto che la legge voleva dirimere. Per quanto riguarda invece il rimando al referendum sull’aborto, che presenta indubbi collegamenti con le tematiche oggi in discussione (anche se è bene ribadire che la legge 194, quella sull’aborto per intenderci, non viene toccata dalla legge 40/2004 soggetta all’attuale referendum) Sagrini ci ricorda che coloro che difendono la vita umana sin dal suo concepimento, cioè fin dal suo primo essere, furono allora sconfitti.
Vinse infatti lo schieramento di coloro, e allora dimostrarono di essere la maggioranza, che ritengono sia lecito uccidere un figlio quando è ancora piccolo nel seno della madre.
Bene e allora? Dovremmo dunque, assimilarci a tale siffatta compagnia di laici , rinunciare a lottare fino all’ultimo con tutti i mezzi leciti e lasciarci imporre da loro le regole non scritte (e in questo caso assolutamente arbitrarie) del corretto comportamento civico, cosi da permettere a quel fronte di avere più probabilità di vittoria?
L’opzione del non voto in un referendum è una prerogativa di libertà tutelata dalla Costituzione edalla legge, che infatti prevede il raggiungimento di una soglia minima di votanti perché il referendum abbia un senso, inoltre il non votoè anche un chiarissimo pronunciamento di merito in quanto, venendo a mancare il quorum, viene anche dimostrato che le intenzioni insite nei quesiti imposti da un ridotto numero di privati cittadini (il referendum è una iniziativa di privati cittadini) non corrispondono agli interessi della maggioranza della comunità nazionale.
Infatti quasi tutti gli ultimi referendum sono stati invalidati dal mancato raggiungimento del quorum. Inoltre sono certi, tutti coloro che oggi fanno appello al nostro senso civico per indurci ad andare a votare , di esserci andati in tutte le altre occasioni?
La realtà, come sempre, è molto più banale e gli appelli ad andare a votare sono solo dettati dalla speranza degli interessati promotori del “si” di poter così più facilmente vincere.
Dunque, tanto per dire la mia non andrò a votare il 12 e 13 Giugno (a meno che nella tarda mattinata di lunedì non sia abbia la assoluta certezza che il quorum del 50% degli aventi diritto al voto è stato raggiunto ed allora la strategia cambierebbe e si potrebbe valutare l’opportunità di andare per votare NO) e mi auguro che così faccia la maggioranza degli Italiani, e non ci andrò perché ritengo che questa sia la tattica più giusta per vincere questa competizione ed impedire che questo straccio di legge, che pur come cattolico non posso approvare in molti dei suoi punti, ma che comunque costituisce il miglior compromesso raggiungibile per mettere d’accordo tante e diverse sensibilità e che comunque rappresenta il minor male possibile e la miglior arma attualmente disponibile in difesa della vita nascente, non venga affossata per lasciare spazio al caos ed all’anarchia che vigeva prima che fosse varata.
Perderemo un’altra volta? Staremo a vedere, purtroppo la verità e la giustizia non hanno certo la vita facile ma in ogni caso non sarà certo la vittoria o la sconfitta a farci cambiare idea.

Passiamo ora a Cristiano il quale, a differenza di Sagrini, la butta soprattutto sul religioso, cita San Tommaso, si dimostra molto tollerante e speranzoso nei confronti delle intenzioni della scienza e nei codici deontologici degli scienziati, riduce ad una cosetta da niente l’embrione a cui nega la parvenza di ogni umanità, e ne trae un pour pourri leggero, talvolta frizzante, più spesso scombinato, fino a sfiorare il blasfemo (ma spero non se ne sia reso conto) sul finale.
Caro Cristiano, per quanto riguarda i temi religiosi proporrei di rimandare il tutto ad una mezz’oretta di ripasso del catechismo per il quale mi dichiaro fin d’ora disponibile a fare da trainer, mentre, per quanto riguarda le considerazioni scientifiche e le storielle sulle staminali embrionali che curano le malattie, ti manderei in tutt’altro posto, ma non lo faccio perché ti voglio troppo bene.
Per la parte sfiorante la blasfemia sul finale sono disposto ad assolverti per la mancanza, spero, di intenzionalità.
Quello che invece mi lascia molto perplesso nel tuo intervento sono le affermazioni minimali e quasi spregiative riguardanti l’ammasso di cinque cellule che è l’embrione e che niente, secondo te, avrebbero di umano. La cosa mi sorprende proprio perché detta da te che in tante occasioni hai mostrato di saper cogliere, con felice vena e pregevole acume ed a mettere in evidenza, come ben si conviene ad un narratore ed ad un raccontatore di storie, tutti quegli aspetti intimi e nascosti nelle cose e negli uomini, che spesso sfuggono ai più, attenti solo all’apparenze ma non a chi sa guardare dentro ed al di là.
Su questo tema potrei rifarmi anche con te ad una rilettura seria degli altri interventi pubblicati inquesto sito, ma, visto che sei un narratore di storie preferisco raccontarti una piccola storia.
C’era una volta una ragazza, verso la fine dell’ultima guerra che, partita da una città, si ritrovò per caso, per un po’ di tempo, in un piccolo paese di collina. Qui incontrò un giovanotto un po’ farfallone ma dotato di un certo fascino. I due si piacquero subito e finirono con l’amarsi con grande impeto e passione e poca prudenza.
Finì come poi ben immaginare, poi ci misero gli eventi bellici e la ragazza si ritrovò sola ed incinta nella sua città, separata a causa del fronte di guerra dal suo giovanotto che era rimasto alla macchia sui monti del suo paese.
La ragazza, sola in città, ed in quello stato, non aveva neanche di che sfamarsi e fu tentata dalla disperazione, per di più le persone che le stavano vicine le davano i consigli che ti lascio immaginare:
- Ma come vuoi fare ad andare avanti in quelle condizioni? Sei appena all’inizio, conosco io chi sa risolvere il problema, sarà come avere una mestruazione appena più accentuata, un grumello di sangue e tutto sarà finito e risolto.
Ma la ragazza, dopo un attimo di smarrimento, con grande coraggio decise di tenere custodito quel grumello di sangue, perché sentiva che a quel grumello di sangue era legato il ricordo di un momento felice ed intenso e soprattutto che quel grumello era qualcosa di se ma anche di altro.Quel grumello di sangue, senza necessità di fare altro, e solo per il fatto di essere accettato crebbe pian piano, con difficoltà, viste le enormi ristrettezze esistenti, ma crebbe e, terminata la guerra, finalmente potè contare anche su di una famiglia ricomposta.
Ora quel grumello di sangue ha fatto un po’ di strada, ha più o meno una sessantina di anni, ha condotto una vita interessante ed intensa, ha giocato, ha studiato, ha lavorato, ha ristudiato ha incontrato un’altra grumella, ha fatto cose, ha avuto a sua volta dei figli che a loro volta hanno cominciato a sfornare nipoti.
Questo grumello, ora uomo fatto, è enormemente grato a sua madre perché questa, non considerandolo solo un grumello ma un figlio, da tenere ben stretto al seno, non tanto per sè e per il proprio piacere, perché, ad essere sinceri, forse in quei frangenti di quel piacere ne avrebbe magarianche fatto a meno, ma per ciò che quel grumello rappresentava, gli ha dato la possibilità di esistere e di essere. Quel grumello era lui e nient’altro che lui e lui non è altro che quel grumello un po’ più cresciuto.
Caro Cristiano, noi tutti dobbiamo la nostra vita a delle madri che come quella di questa storia un po’ vera ed un po’ romanzata, hanno accolto e difeso il grumello che eravamo, spesso anche in frangenti difficili e perigliosi. Ricordalo Cristiano e ricordiamocelo tutti quanto dovremo decidere cosa fare domenica 12 e lunedì 13.

Alessandro Righini
Lo incontrai un paio d’anni fa, durante le manifestazioni di Roma per il vertice FAO. Un ometto piccolino, novello Asterix della resistenza alle forze del male. Attorniato da una folla di giornalisti e fotografi Bové, l’agricoltore eroe della battaglia per il buon cibo, si muoveva come una diva del cinema.

Sicuramente una delle anime più visibili di un corteo che sotto la grande bandiera dell’autonomia alimentare come diritto di ogni paese, vedeva unite confederazioni di base di campesinos sudamericani, pescatori tailandesi animalisti europei ed ogni più varia umanità. Da osservatore era netta la sensazione che tutto si muovesse sul binario di un grande equivoco in parte volutamente malinteso e tenuto in vita artificialmente. Che fosse così facile mettere insieme gli interessi di tante differenti parti sociali e culturali appariva infatti vera utopia in terra, quasi un miracolo che poteva veramente far sperare in tempi migliori. I fatti di oggi sembrano dare ragione dell’equivoco. Probabilmente gli agricoltori del sud della Francia oggi festeggiano la vittoria di quella che credevano una battaglia impossibile, forse ben più delle sottili querelle filosofiche e sociali che hanno infiammato il paese negli ultimi mesi, più della paura quasi filosofica dell’idea di uno stato continentale, forse il fronte del no deve dire grazie ad un allarmismo che si intreccia tra stomaco e portafoglio. D’altro canto non era certo un mistero che quegli stessi agricoltori alla necessità di una europa unita per fronteggiare le grandi sfide economiche planetarie, rispondessero indicando spagna, italia e grecia, quali loro principali nemici. Non so cosa potrei rispondere ora alle domande che un amico di Tegucigalpa mi aveva fatto appena un mese fa circa il ruolo dell’europa rispetto all’egemonia americana, circa la possibilità che l’unione potesse diventare un faro sociale anche per i paesi del centro america. Già allora avevo cercato di stemperare il suo ottimismo nel progetto europeo, la distanza crea sempre illusioni e distorsioni, le nostre speranze fanno poi il resto, ma oggi veramente non saprei cosa rispondere. Quella famosa europa dei popoli che proprio strani movimenti di contestazione invocavano è oggi molto più lontana. Questo famoso trattato costituzionale, lungo e farraginoso, non è certo l’idea stessa di perfezione, non è neanche l’immagine della sintesi che uno si immagina sentendo la parola costituzione, e richiamando alla mente le grandi declamazioni illuministiche o anche la nostra bella costituzione. Se la sintesi è una bella cosa, in certi casi se ne però deve anche diffidare, spesso rischia di non trattenere nessun caso concreto. I tempi che stiamo vivendo di casi concreti ne devono affrontare invece moltissimi, ed il complesso Trattato Europeo nel bene e nel male cercava di prenderne in considerazione il più possibile. Dubito che siano stati i molti specifici dubbi presenti negli oltre 420.000 caratteri distribuiti sulle 135 pagine che costituiscono la Costituzione a muovere la maggior parte del fronte del no. Quello che abbiamo visto sembra più il riemergere carsico di un nazionalismo che fa del motto ‘si salvi chi può’ la sua bandiera. Difficile parlare infatti di presunte questioni di principio, difficile invocare magari l’assenza dell’elemento religioso quale collante europeo, come invocato da altri paesi, trattandosi proprio della laicissima Francia. Onestamente fa male sapere che proprio quelle parti politiche che si ritengono di estrema sinistra, che quindi si rifanno direttamente al comunismo, si siano alleate all’estrema destra per boicottare il progetto europeo nel nome di una presunta perdita di diritti sociali di fronte al liberismo in salsa europea. Viene spontaneo domandare nel nome dei diritti sociali di chi si sono mosse se non rispetto a quelli dei soli francesi. Il principio di privilegio è sempre pericoloso, le questioni del presente ci obbligheranno non solo con le buone a dover rivedere i nostri privilegi, ed è buffo che gli eredi diretti delle internazionali, si trovino oggi orfani volontari proprio del presupposto internazionale. Bisognerebbe ricordare anche ad una parte della nostra estrema sinistra, che fuori da questa prospettiva è difficile trovare differenze concettuali con modelli nazional socialisti, già visti anche nel nostro paese. Senza neanche un miraggio al quale orientarsi la speculazione sui moderni diritti del lavoro, rischia fin troppo facilmente di perdersi nel più bieco interesse delle parti, lasciando campo libero proprio a chi professa un liberismo sfrenato sordo ad ogni danno sociale. Il progetto Europeo chiamato dalla candidatura della Turchia a superare i suoi vizi giovanili, chiamato realmente a definirsi creazione progettuale e non etnica o religiosa, non sembra avere retto ai primi problemi economici. I costi dell’entrata dei paesi dell’est, chiamati a noi, terra delle libertà da oltre mezzo secolo, l’effetto cascata delle economie asiatiche, sembra essere bastato per mandare in frantumi la fiducia dei cittadini francesi. La situazione è grave, in questo grande gioco dell’oca fatto di monete, frontiere, quote latte e fondi strutturali, il lancio di dadi di ieri ci riporta in dietro ben oltre lo scorso autunno. Meglio sarebbe stato aver posticipato all’infinito questa benedetta costituzione, lasciando tutto nel volontario malinteso. L’Europa di oggi è ben diversa da quella di ieri, più che ad un sogno utopico fatto di ponti che uniscono e porte spalancate come non a caso è stampato sulle nostre banconote, assomiglia ad una corte cupa, fatta di trame, intrighi e complotti, unito per ora solo da grigi e burocratici trattati a cui nessuno vuole credere. Se una buona parte dei paesi membri decideranno tramite referendum la loro ratifica, il messaggio di sfiducia di oggi assume un’importanza estrema, quasi un manifesto di abbandono a cui non so bene come Bruxelles possa porre riparo. Nei nostri tempi così disillusi, il voto di ieri, consegna non una critica, ma la totale sfiducia nella possibilità di creare un modello politico aperto dove provare ad elaborare una nuova forma di redistribuzione delle risorse e delle ricchezze. Il voto di ieri riafferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che l’unico modello economico in cui sembriamo credere e quello dello sfruttamento non solo dell’uomo sull’uomo, ma anche dello stato sullo stato. Se pensavamo di far cambiare idea ai cinesi, sulla correttezza sociale e morale del loro sviluppo economico, rinunciamo velocemente, anche questo segnale non può che trasmettere proprio l’idea che chi ha un vantaggio economico è giusto che se lo tenga stretto. Quindi, in questa ovvia e pragmatica prospettiva, si salvi chi può.

Andrea Benassi
Tempo fa tirai le orecchie a tutti gli scrittori de 'Lo Spekkietto', me compreso, invitando tutti ad essere più critici e a non avere timore nel presentare argomenti meno leggeri e senza peli sulla lingua (Vedi 'LA NOSTRA PAURA DI PROPORRE').
Da quel momento qualcosa è cambiato, non per merito mio, bensì per merito di chi ha letto e agito.

Sono venute fuori molte riflessioni e problematiche del paese, disagio giovanile, urbanistica casolana, la costruzione del parco, l'ambiente, l'inquinamento e la gestione della festa di primavera.
Dopo un primo interessamento da parte degli esponenti dell'amministrazione comunale ora vige il silenzio.
Nessuno che amministra il nostro paese si mostra interessato a quello che diciamo.
Forse a volte i nostri commenti sono fuori luogo, un pò mirati ad attaccare chi amministra, ma tutto ha lo scopo di spiegare e rendere pubblico a tutti i problemi e lo sviluppo del paese.
Non rispondere e a questo punto direi boicottare il nostro sito non lo ritengo costruttivo.
Se qualcuno pensa che togliendomi il saluto mi tolga la voce si sbaglia.
Come da decenni avviene nel nostro comune, se la pensi diversamente da chi amministra non conti niente, sei uno stupido e non ti devi permettere di fare delle domande.
Tanto siete liberi di non rispondere.
Penso che da un dialogo costruttivo ne uscirebbero tutti vincitori, nessuno scrive per denigrare un assessore, il sindaco o chiunque altro, lo scopo è il dare un perchè alle cose.
Capisco che sia noioso per chi ha già tanti compiti amministrativi stare lì a rispondere alle nostre domande, ancor di più se queste sono avvelenate, ma spesso i nostri dubbi sono quelli di tutti i cittadini, o almeno di quella parte di cittadini che non gli va sempre bene tutto, fa un sì riverente con la testa e non si chiede il perchè delle cose.
Pur non facendo parte della redazione invito a tornare al dialogo e non prendere i quesiti posti come tentativi di cospirazione, ma come un dovere democratico visto che rappresentate anche me.

Matteo Cenni
Ciao a tutti, ed in particolare a Riccardo che ringrazio per avermi chiamato in causa in quanto da semplice consigliere comunale non mi capita poi così spesso, ho tardato a rispondere non per disinteresse o per altri motivi ma solo perché non riuscivo ad usare internet (Kekko sa bene quanto sono negata).

Ho aspettato qualche giorno per rispondere alla lettera di Albo, ero curioso di sapere quanti e quali commenti si sarebbero aggiunti a questo interessante articolo.
La mia sensazione in effetti era quella di trovarmi di fronte una situazione dove noi, ragazzi di 25-35 anni, ci interroghiamo su questo problema (che esiste, per carità!), ma nessun 'adolescente&#8221, pone il suo commento o la sua critica&#8230,
Devo dire la verità, un po' mi rattrista il fatto di non leggere mai, o quasi mai, un commento o un articolo di un ragazzo giovane del nostro paese che riguardi la politica, nelle varie forme in cui si può intendere.