UN CASOLANO A SHANGAI

Nei numeri scorsi il nostro giornale si è occupato dei “casolani coraggiosi”,di tutte quelle persone, di norma giovani, che lasciano il nostro paese di Casola e l’Italia per trasferirsi in altre zone del mondo. Quando la rubrica sembrava in fase di esaurimento, ci siamo imbattuti casualmente nella storia di Tommaso Zaccherini, un giovanissimo ragazzo (diplomato poco più di un anno fa) che si è trasferito in Cina per studiare. La cosa ci ha incuriosito da subito e così abbiamo cercato il modo di porgli qualche domanda. Non tutti sanno che la Cina controlla in maniera ferrea non solo gli ingressi e le uscite materiali di persone e merci ma anche le informazioni. Ad esempio non è così semplice spedire una mail perché i controlli e i filtri sono totali. La prima difficoltà è stata perciò quella di trovare un canale per riuscire ad entrare in contatto con Tommaso. Di grande aiuto è stato il babbo che, attraverso il canale wechat, è riuscito a passargli questa intervista

Sappiamo che tu sei stato uno studente molto bravo. Perché hai deciso spostarti dall’Italia per affrontare il tuo percorso universitario?
Durante il primo anno di università con indirizzo “Ingegneria dell’automazione” mi si è presentata la possibilità di partecipare ad un progetto di collaborazione tra l’UniBo e la Tongji University di Shanghai che prevede il soggiorno di un anno di studi presso quest’ultima per il conseguimento della doppia Laurea, Italiana e Cinese.
La cosa che mi ha spinto a partecipare a questo progetto è stata la sfida di affrontare un anno in completa autonomia ma soprattutto la possibilità di aprirsi una porta per uno sbocco lavorativo all’estero, sia in ambito europeo che extraeuropeo – più i mercati si globalizzano, più le aziende europee ed italiane avranno interessi verso l’oriente, in particolar modo nel settore automazione e robotica.

Perché proprio la Cina?
Perché la Cina? Questo oramai è uno dei paesi più all’avanguardia nel settore dell’automazione e della robotica che viene oramai impiegata in vari settori – a Shanghai, infatti, si svolge l’EXPO dell’automazione, uno dei più importanti a livello mondiale.

Domanda scontata è quella sulle grande differenze tra mondo Occidentale e Cina…
Le differenze con il nostro paese sono tante, culturali, sociali ed alimentari. Nel mese che ho per ora trascorso in questo paese ho potuto appezzare la disponibilità delle persone che, nonostante lo scoglio della lingua (pochi infatti parlano inglese), sono disposte ad aiutarti in ogni modo. Un’altra cosa che ho potuto apprezzare è la comodità di girare con pochissimo contante in tasca in quanto anche nel più piccolo negozio, nel più piccolo ristorante ed anche nel chiosco da strada è possibile pagare tramite app – in Italia, purtroppo, è un tipo di pagamento ancora poco diffuso. Un altro lato positivo è che il prezzo dei biglietti dei mezzi pubblici è veramente basso, con 1 euro si può girare tutta Shanghai e questo ne incentiva l’utilizzo.
Sul fronte sicurezza, al nostro arrivo, appena scesi dall’aereo ci sono state rilevate le impronte digitali di tutte e dieci le dita più la mappatura del volto. Subito ci siamo chiesti il perché, poi, girando per la città, ci siamo resi conto dell’impressionante numero di telecamere di sicurezza sparse sia per le strade che all’interno degli edifici – anche all’interno del campus stesso.
Per quello che riguarda il cibo, con un po’ di curiosità e spirito di adattamento si provano sapori nuovi e spesso molto appaganti.

Che cosa ti sta affascinando di più di questa nuova esperienza?
La cosa che mi affascina di più è vivere in una città di 26.000.000 di persone, di impiegare un’ora e mezza a raggiungere il centro città e la reazione delle persone che incontri per strada, in quanto gli europei non sono così numerosi da queste parti

Rientri in pieno nella categoria “cervelli in fuga”. Come ci si sente a far parte di un gruppo sempre più nutrito di italiani che cercano altrove la propria strada?
Io non mi considero un “cervello in fuga” in quanto la mia permanenza a Shanghai è per ora di un anno circa, infatti terminato l’anno accademico rientrerò per affrontare il terzo anno di studi all’UniBo. Quello che sarà il mio futuro lo scoprirò strada facendo, non è detto che questa esperienza possa portarmi un giorno a trasferirmi all’estero: potrei anche lavorare in Italia per una ditta che ha contatti con il mondo orientale.

Riccardo Albonetti