EVVIVA LA SCUOLA

Il 14 settembre è cominciata la scuola e quest’anno è stato il primo giorno più memorabile di tutti i primi giorni di scuola da molti anni a questa parte.

L’emozione era quella col groppo alla gola, il cuore che balla e la testa leggera  di pensieri  senza nuvole. Che bella e antica sensazione!

Ecco, sono di nuovo tutti lì, davanti al cancello … c’è di nuovo vita, finalmente.

Con i loro zaini colorati sulle spalle, i grembiuli a quadretti nuovi di zecca e la fresca voglia di ritrovarsi, eccoli: i bambini.

Era così vuota questa strada e non riuscivo a passarci volentieri fino a qualche giorno fa perché il silenzio era assordante. La scuola era come abbandonata. Il cortile? Deserto. La campanella? Muta.

Ogni cosa era rimasta bloccata a quel giorno di fine febbraio quando la vita di tutti divenne improvvisamente sospesa, come imbalsamata dentro ad un fermo-immagine.

Nelle aule, stranamente vuote, rimasero libri e quaderni insieme all’eco delle voci dei nostri ragazzi.

Ricordo che dopo mesi, quando di nuovo potemmo varcare le porte dell’edificio scolastico, ritrovai sulla cattedra le copie della poesia di Carnevale ed ebbi la sensazione di un “deja vu” che si avverte quando ci si sente  di fronte ad  un evento che sembra di aver  già vissuto in un’altra vita.

E’ stato lungo tornare. Soprattutto perché l’incertezza e la paura non permettevano di fare progetti a breve termine né, tantomeno, alimentare speranze e fare pronostici ottimistici.

E invece, eccoci qui. Contenti, nonostante tutto.

Nonostante le molteplici riunioni pre-inizio, attraverso le quali noi insegnanti avevamo imparato come seguire i protocolli, come comportarci per evitare possibili contagi e come diffondere la cultura civica che bisogna applicare per il bene di tutti, specialmente in questo clima di emergenza sanitaria.

Nonostante tutti avessimo compreso come sarebbe stato complicato lavorare indossando la mascherina, non potere toccare i bambini e non transigere sull’applicazione dei comportamenti cui i ragazzi devono attenersi per far sì che la scuola, la nostra scuola, resti un luogo salvaguardato, difeso, soprattutto sicuro.

Insomma, la preoccupazione, prima di iniziare, era evidente per tutti noi operatori del settore. Potevamo lavorare bene senza poter avvicinarci correggere parlare raccontare cantare spiegare come avevamo sempre fatto?

Lavorare con i ragazzi è sempre una sfida: bisogna saperli conquistare e coinvolgerli per farli innamorare del sapere.

Bisogna accompagnarli perché la fatica possa essere alleviata dal piacere di superare le difficoltà.

Bisogna conoscerli, accettarli per quello che sono e dar loro  fiducia in modo da favorire il  faticoso processo verso una maggiore autonomia  e con la consapevolezza del proprio ruolo durante il processo della propria formazione.

Raggiungere questi obbiettivi è sempre un’ardua impresa , figuriamoci in una situazione critica come questa dove bisogna anticipare tutte le nuove regole con un NON:

– NON toccatevi neanche durante l’intervallo (Maestra, Luca mi ha dato una spinta!)

– NON avvicinate i banchi (Maestra, posso disegnare insieme a Federico?)

– NON scambiatevi la merenda (Maestra, posso avere un pezzo della schiacciata con la mortadella di Enea?)

– NON mescolatevi con gli altri bambini nel cortile (Posso andare a salutare mio fratello?)

– NON disegnate alla lavagna (Posso scrivere la data?)

– NON state in fila per due, ma distanziati mi raccomando (Maestra Sofia mi ha superato!)

– NON venite alla cattedra, non prestatevi la matita (L’ho scordata a casa e adesso come faccio?) non datevi la mano , non, non, non ….

E’ quasi disumano lavorare in questa modalità anti covid.

Che fare allora? Bisogna pensare, riflettere, inventare.

Bisogna togliere tutto quello di cui si può fare a meno e fare affiorare l’essenziale, ciò che è necessario e imprescindibile.

E’ in momenti difficili che emerge questa capacità e anche i bambini l’hanno manifestata pienamente.

Vogliamo tornare alle lezioni on-line? Fare lezione su class room?

Credo che tutti abbiamo capito con particolare nitidezza che la scuola è importantissima, fondamentale, anzi: indispensabile.

Anche se a casa le famiglie si sono impegnate a far svolgere i compiti e i ragazzi sono ritornati preparati, è la scuola il luogo dove, insieme, possiamo imparare a crescere.

Da soli è difficile capire. Da soli è più noioso imparare. Da soli è faticoso diventare grandi. Perché da soli non si può litigare, né sbagliare, non si può parlare nè confrontarsi. Da soli non è così entusiasmante intuire un’idea, imparare qualcosa di nuovo.

La vera scuola è relazione, presenza.

E quindi, in questo particolare anno dove “emergenza” è la parola d’ordine, i bambini sono stati felici di tornare in classe.

Si sono ritrovati fra quei banchi, a distanza di un metro.

Hanno appoggiato lo zaino e sistemato i libri, e poi si sono igienizzati le mani.

Hanno indossato la mascherina pulita.

Si sono abituati a stare in fila, più distanti .

Ma ridono, piangono, si superano nella fila, come prima.

Sono tutti qui, con noi, siamo una squadra che si allena alla vita.

E poi, saper far fronte alle difficoltà non  è una prerogativa della formazione ?

Abbiamo fatto un’attività, durante i primi giorni di scuola, dedicati all’accoglienza. Ho portato un barattolo dove mettere delle parole importanti. I bambini hanno discusso a lungo su quali scegliere: fratello, mamma, amici, gioco. Forse non ci crederete ma qualcuno ha scritto “SCUOLA” e “STUDIARE”.

C’è speranza anche nell’emergenza.

Allora dobbiamo trasformare le frasi e togliere quel NON per cercare quello che, invece, si può fare.

Si può ridere, parlare, si può inventare qualche modo nuovo per salutarsi e  giocare.

L’altro giorno ho visto che sul selciato ai bordi del cortile qualcuno aveva disegnato con un gessetto la “vecchia” campana dove giocare lanciando un sassolino e saltellando a zoppa galletto.

“Maestra se dà a finire ‘sto covid ti do tante di quelle abbracciatone…!”

Ecco, credo che sia un buon inizio.

Buona scuola a tutti.

Paola Pozzi