Perchè mio figlio non sa leggere?

Perché mio figlio non sa leggere? Perché non riesce ad imparare le tabelline? E perché scrive così male? A questi quesiti spesso seguono diagnosi di dislessia, dicalculia o disgrafia. In breve, di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Ma cosa sono esattamente questi disturbi dell’apprendimento? L’Associazione Italiana Dislessia ne delinea le principali caratteristiche: innanzitutto, i DSA sono riconoscibili attraverso le difficoltà dimostrate dal bambino nella letto-scrittura e/o nell’utilizzo dei numeri e delle operazioni di calcolo. Se confrontati con i loro coetanei, si distinguono poi grazie ad una lentezza nell’automatizzazione di tali abilità. Alcuni bambini possono avere anche difficoltà di coordinazione e di motricità fine, difficoltà nelle abilità di organizzazione e di sequenza, nonché nell’acquisizione delle sequenze temporali (ore, giorni, stagioni).
Ma non dobbiamo vedere i DSA solo come un limite, anzi! Le difficoltà scolastiche tendono a sovrastare tutto il resto e a far vedere a genitori ed insegnanti solo gli aspetti negativi, quando in realtà molte caratteristiche positive sono spesso sono associate a questi disturbi: l’intelligenza di queste persone non è assolutamente compromessa, anzi è nella norma se non addirittura superiore alla norma! Mai sentito parlare di Mika, Albert Eistein, John Lennon o Agatha Christie? I DSA inoltre hanno una percezione globale e riescono a “leggere” le situazioni in modo più ampio, ragionano in modo dinamico, apprendono facilmente dall’esperienza e pensano soprattutto per immagini. Sono capaci di vedere le cose da diverse prospettive e tendono quindi ad affrontare i compiti con approcci e modalità diverse. Sono molto curiosi, creativi, intuitivi e hanno una fervida immaginazione che consente loro di sviluppare nuove idee e soluzioni.
Certamente questi bambini hanno bisogno di essere seguiti fin dai primi passi nel mondo scolastico da professionisti dell’educazione, che sappiano riconoscere le loro difficoltà e aiutarli a compensarle. E qui subentra Daniel Pennac, scrittore francese conosciuto e amato in tutto il mondo. Molti lo conoscono grazie ai suoi libri o nelle vesti di insegnante, ma pochi sanno che quello scrittore, quell’insegnante, aveva difficoltà scolastiche. Nel suo libro “Diario di scuola” egli decide di portare alla luce la sua condizione di studente, e non di studente modello come molti potrebbero pensare, ma la sua condizione di “somaro”, come egli stesso si definisce.
“Andavo male a scuola. Ogni sera della mia infanzia tornavo a casa perseguitato dalla scuola. Portavo a casa risultati pessimi.”
Pennac ci parla della sua esperienza scolastica, non limitandosi però ad una rassegna di voti e insufficienze. Ci parla soprattutto della sua sofferenza. Sì perché nella maggioranza dei casi, i bambini DSA si sentono diversi, inferiori.
“Il somaro si ritiene indegno o anormale. […] La sua ignoranza la scambia per la sua natura più profonda. Non è uno “studente di matematica”, è un “negato in matematica”. […] “La scuola non fa per me, non sono fatto per questo”, ecco cosa risponde. […] È la prerogativa dei somari raccontarsi la storia della loro somaraggine: faccio schifo, non ce la farò mai, non vale neanche la pena provarci, tanto lo so che vado male, ve l’avevo detto, la scuola non fa per me… la scuola appare loro un club molto esclusivo di cui si vietano da soli l’accesso.”
Spesso sono anche gli altri ad alimentare questa visione negativa che il ragazzo DSA ha di sé:
“Ero ritenuto un incapace. Questo verdetto mi offriva le compensazioni della pigrizia: a che pro darsi da fare se le massime autorità reputano che non ci sia niente da fare?”
Questi giudizi si trasformano in una profezia che si auto-avvera: se tutti pensano che io sia un incapace, e i miei risultati scolastici lo confermano, perché mai devo faticare e impegnarmi per cambiare le cose? Hanno ragione, sono un incapace. La scuola viene così investita di significati negativi e diventa difficile per lo studente DSA vestire i panni del “bravo studente”.
“Diario di scuola” è “un libro sulla sofferenza di non capire”. Pennac parla della paura, che fu la costante di tutta la sua carriera scolastica. Una volta diventato insegnante, si pone come primo obiettivo quello di alleviare la paura dei suoi allievi peggiori: lui stesso dice di essere stato “salvato” da quattro insegnanti, che riuscirono a cogliere non solo le sue difficoltà ma anche le sue enormi potenzialità.
“Nessuno è condannato a essere per sempre una nullità. Non siamo in una fiaba, vittime di un incantesimo!”
Ed è proprio quando qualcuno riesce a spezzare questo incantesimo che il ragazzo DSA riesce a brillare. Magari non a scuola, ma sicuramente in altri campi. Mika non sa leggere l’orologio, ma parla sette lingue ed è un cantante dallo straordinario successo. Albert Eistein imparò a leggere solamente all’età di 9 anni, e le sue pagelle scolastiche erano un vero e proprio disastro. Nonostante ciò ha vinto un Premio Nobel e dobbiamo a lui la teoria della relatività, uno dei pilastri della fisica moderna. John Lennon faticava a memorizzare le parole delle sue canzoni, ma questo non gli ha impedito di comporre capolavori del calibro di “Imagine”. Agatha Christie dettò tutti i suoi romanzi, ma la sua vastissima produzione letteraria (66 romanzi e 153 racconti!) è tutt’oggi amata in tutto il mondo.
Ogni bambino che ha difficoltà a scuola ha dentro di sé un Pennac, un Lennon o una Christie! Il suo talento deve solo essere scoperto. In conclusione, per dimostrare quanta influenza possono esercitare l’amore e la fiducia di un adulto, nonché la stima in sé stessi sulla propria vita e i propri successi, merita di essere raccontata la storia di Thomas Edison, inventore della lampada a incandescenza e del sistema di distribuzione dell’energia elettrica. All’età di dodici anni, il giovane Edison tornò a casa da scuola con una lettera indirizzata a sua madre. Quando la donna iniziò a leggere, gli occhi le si riempirono di lacrime: “Vostro figlio è un genio, questa scuola è inadatta a lui. Qui non abbiamo insegnanti idonei alla sua formazione. La preghiamo di istruirlo lei personalmente.” E così fu. All’età di 61 anni, rovistando tra le vecchie cose di famiglia dopo la morte della madre, Edison trovò una lettera all’interno di un cassetto della scrivania. La lettera recitava: “Vostro figlio ha problemi nell’apprendere a causa di un ritardo mentale. Rappresenta un problema anche per gli altri alunni. La preghiamo di non mandarlo più nella nostra scuola.” La madre si era rifiutata di dar credito a quel giudizio sul figlio, considerato un incapace dal sistema scolastico. Ed egli è diventato il genio conosciuto oggi in tutto il mondo. Questo è ciò che tutti possiamo fare quando incontriamo un bambino o un ragazzo “difficile”, “svogliato”, “incapace”… fare in modo che egli creda in se stesso e nelle sue possibilità.

Benedetta Landi