Tributo a Casola e ai Casolani, alluvione 2023

Casola è dove sono cresciuto:

le rive a capofitto, la piazzetta del mercato,

l’Orologio, via Roma tutta e le campagne

che circondano il paesello.

 

Casola è anche la bici su per la collina,

la passeggiata in via Breta, la discesa

di San Ruffillo.

 

Casola è sporcarsi di more

sulla strada di Monte Battagliola.

 

Casola, per me, è via Settefonti:

salire fino al cimitero frondoso

e poi tornare alla vecchia casa dei nonni.

 

Casola è il viale dei cipressi di Renzuno,

il prosciutto di S. Antonio che non vinco mai.

 

Casola è il lungofiume che percorriamo soli,

in compagnia del lento scrosciare

delle cascate.

 

Casola è affacciarsi al Muraglione:

la Croce là sulla collina.

 

Casola è la Torre che ci scruta in lontananza,

dalla sera alla mattina.

 

Casola era anche il presepe vivente

del Santo Natale.

Era i lumi di candele ai bordi delle strade

che si libravano al passaggio

del Gesù morente.

 

Casola era l’anfiteatro di mattoni

nel piazzale della scuola,

l’attesa delle giostre a fine aprile.

 

Casola era mangiare le giuggiole

sulle scale di via Marconi

alla Festa dei Frutti Dimenticati.

 

Casola era le rincorse ai Giardini,

le recite ai Vecchi Magazzini.

 

Casola era vedere i nostri genitori

fermarsi a parlare dei loro figli.

 

Casola era gli amici in motorino

durante le scorribande estive.

Era il cicaleccio assordante sopra i pini.

 

Casola era anche la corriera al mattino,

era il vecchio campo da calcio.

 

Casola era la divisa cerimoniale

del primo cittadino:

marrone in tinta unita.

 

Casola era la neve che fioccava d’inverno

sui tetti delle case

(e rimaneva per giorni o settimane).

 

Casola è tornare da grandi

dopo anni

e raccontarsi le storie

della nostra vita.

 

Tributo a Casola e ai Casolani, alluvione 2023.

LORENZO SABBATANI