ROSEROSSE melodie di Valdifusa

La redazione de Lo Spekkietto ha ricevuto un racconto personale da Carlo Fabbri, conosciuto come “Rose Rosse”, che narra la sua vita a Valdifusa dagli anni ’60 a oggi. Tra lavoro nei campi, sfide e momenti familiari, Carlo descrive con semplicità e autenticità la sua esistenza legata alla terra. Condividiamo la sua storia, sperando offra uno sguardo interessante sulla vita rurale e sui cambiamenti nel tempo. Buona lettura

Ho cominciato a lavorare nella parrocchia di Valdifusa a 15 anni nel lontano 1962 accudendo vacche di razza Romagnola . Allora abitavo a a Montalbergo una casa della parrocchia di Pagnano, poi nel 1963 con la famiglia ci spostammo in una casa vicina chiamata Canova.
La mia paga era di 500 lire al giorno che veniva riscossa da mio padre.
Questo mio lavoro durò un anno poi, nel 1964, con la famiglia cambiammo di nuovo residenza e ci trasferimmo a Valbianchino, un podere situato nella parrocchia di Baffadi ma di proprietà della parrocchia di Casola, dove il parroco era l’ Arciprete don Elviro Guidani, scomparso ancora giovane nel 1965, a cui pagavano un affitto di 40.000 lire annue.
Un sentiero collegava Valbianchino a Valdifusa, dapprima salendo sui crinali delle colline sovrastanti – fra cui quello che ora viene chiamato il Monte della Croce di Luce – poi continuando su di essi ed infine innestandosi nella strada comunale che scendeva nella valle del torrente Sintria. La chiesa della parrocchia di Valdifusa si trovava a metà strada del percorso in discesa. Nel 1962 qui abitava una famiglia di cognome Barracani ed il parroco don Lino Stradiotto.
Qualche anno dopo il parroco Don Lino emigrò in Canada ed anche la famiglia Barracani lasciò il podere di 67 ettari annesso alla parrocchia.
Mio padre decise allora di prenderlo in affitto dalla Curia di Imola per un canone di 40.000 lire annue.
A me quel posto piaceva molto e sentivo una vera e propria vocazione per l’attività agricola, contrariamente a molti miei compagni che sempre più spesso sceglievano di andare a lavorare nelle fabbriche della bassa valle del Senio o delle città di pianura.
Nel 1965 avemmo l’occasione di conoscere l’indimenticabile avvocato Alberto Rivola che comprò quasi tutto il terreno della parrocchia di Valdifusa e volle che cominciassimo a lavorare per lui.
Per 2 o 3 anni collaborammo con Poletti, da molti certamente conosciuto, finchè quest’ultimo lasciò poi il lavoro e noi restammo soli a gestire il terreno.
In questo periodo io con la famiglia abitavo ancora a Valbianchino e così alla sera, alla fine di lunghe e faticose giornate di lavoro nei campi e nella campagna, mi ritrovavo, stanco, a dover percorrere 4 km di sentiero a piedi, per tornare a Valbianchino. Altrettanti ne avevo poi dovuto percorrere al mattino per recarmi a Valdifusa. Di questo periodo mi è rimasto il ricordo indelebile di una emergenza neve nell’inverno del Gennaio 1969.
Ci fu una nevicata durante la quale cadde uno strato di neve alto 1 metro.
Dovendo rientrare alla sera a Valbianchino mentre era ancora in atto la bufera mi trovai, dopo aver superato il Cerro, in serie difficoltà dal momento che non riuscivo più a scorgere il sentiero da percorrere. Ritornai pertanto indietro al Cerro e chiesi ospitalità per la notte alla famiglia Calamini che lì abitava e che mi accolse con grande amicizia e disponibilità. Al mattino seguente dovemmo constatare che la neve era talmente alta da costituire un serio ostacolo agli spostamenti. Decisi di pertanto di non rientrare a Valbianchino. Avevo però un problema da risolvere, infatti nella stalla di Terzera c’erano 17 vitelloni a cui dare da mangiare. Verso le 10 del mattino, pertanto, con l’aiuto dei Calamini, decidemmo di tentare l’impresa. Partimmo in tre, in fila uno dietro l’altro, facendo a turno il ruolo di apripista, ruolo assai faticoso in quanto la neve arrivava al petto. Particolarmente difficile fu il tratto delle rive del Cerro dove il vento aveva accumulato la neve e non si riusciva a capire dove fosse il sentiero.
Come “Dio volle” alla fine, alle 2 del pomeriggio, riuscimmo finalmente ad arrivare alla stalla e a dare da mangiare ai vitelloni.
Fu così che nel Luglio del 1969 decisi di andare ad abitare a Vedresse, una casa vicino alla chiesa di Valdifusa. La casa aveva necessità di essere un po’ ristrutturata e quindi, al sabato ed alla domenica, per un certo e lungo periodo mi dedicai ad eseguire questi lavori con l’aiuto di un manovale.
Restai a Vedresse fino al 1973.
Sempre nel Luglio del 1969 mi comprai l’auto, una Fiat 500, un evento per me entusiasmante perché mi permetteva di venire a Casola, passando però da Zattaglia, quindi dopo un percorso di 24 km e spendendo più in benzina che nel pane che compravo.
Nel frattempo io comunque ero fiducioso di poter restare a Vedresse anche perché avevo incontrato un “padrone” che non dimenticherò mai e che mi dava la forza di andare avanti tranquillo e felice.
Nel 1970, nei migliori anni della mia gioventù, partecipai ad un evento musicale, chiamato Sig Hout, organizzato dal Gruppo Scout di Casola Valsenio, nel corso del quale cantai con successo la canzone “Rose Rosse” il cui titolo è poi diventato il soprannome con cui ancora adesso sono conosciuto: “Rose Rosse” appunto.
Sempre nel 1973 mi fidanzai con Piera, la ragazza con cui nel 1973 mi sposai e con cui andai ad abitare a Terzera sempre vicino alla canonica.
Il 30 Marzo 1974 nacque il mio primo figlio Marco.
Ero contentissimo della famiglia che mi andavo creando e che mi forniva le energie per lavorare da solo i sei poderi di cui nel frattempo avevo assunto la gestione.
Nel 1977 nacque il secondo figlio, Andrea, nel 1978 la figlia Rita e poi nel 1979 l’ultimo figlio Luca.
Mentre vedevo la famiglia crescere, con il proprietario dei terreni, l’avvocato Rivola, che c’era e non c’era, e che dunque mi lasciava molta libertà e con il quale andavo molto d’accordo, io mi sentivo la persona più felice ed ero contentissimo del mio lavoro.
Purtroppo però nell’agosto del 1984 l’avvocato, in compagnia della moglie, incorse in un grave incidente stradale a Rovereto in seguito al quale, dopo essere rimasto in coma per un certo periodo di tempo, purtroppo morì.
Da quel momento sentii che mi veniva a mancare una sponda importante e che pian piano cominciavo a perdere la forza che l’avvocato Rivola mi aveva trasmesso. Ancora oggi lo ricordo con le lacrime agli occhi e come una persona che “non dimenticherò mai !”
Nel 1985 decisi di comprare la parte di terreno di sopra alla strada, senonchè nella lunga attesa (due anni) di un mutuo che tardava ad arrivare fui colpito dalla “sindrome di Menier” , una patologia che, manifestandosi con sintomi molto fastidiosi, con vomiti e vertigini, mi spinse a rinunciare all’acquisto del terreno che avevo progettato.
Questo terreno nel 1987 fu poi acquistato dal sig. Mengozzi che ancora oggi ne detiene la proprietà.
Nel 1989 si cominciò a prospettare per Valdifusa l’istituzione di una zona di protezione faunistica, cosa che si concretizzò nel 1990.
Per me, amante della caccia, fu un colpo durissimo che mi fece sentire rinchiuso in casa, circondato da persone e da iniziative che venivano a limitare fortemente una libertà che io, resistendo a presidiare quei terreni e quei luoghi da cui molti invece in quei periodi fuggivano ed abbandonavano, sentivo di essermi pienamente guadagnata.
Abitavo quei luoghi fin dai tempi in cui l’unico “mezzo” disponibile per muoversi era il somaro, avevo dovuto sostenere tutti i sacrifici che comportava il vivere in una parrocchia abbandonata e lontana dal paese, affrontando inverni terribili, con bambini piccoli che dovevano frequentare con tante difficoltà le scuole, ed ora mi vedevo privare di alcune libertà, per me importanti e gratificanti, da parte di persone persone che molto probabilmente queste esperienze e questi sacrifici mai li avevano sopportati.
Ho trovato tutto ciò una intromissione insopportabile in quella libertà che io avevo sempre amato, che mi ero duramente conquistato e di cui mi sono sentito ingiustamente tutto ad un tratto privato.
Ancora oggi, dopo 40 anni, tenendo duro, mi trovo a lavorare una parte dei terreni di Valdifusa ma non certamente con l’entusiasmo dei primi tempi.
Non so se queste parole per qualcuno abbiano importanza e se mai un giorno verranno pubblicate. Non so se abbia fatto un po’ di confusione nell’esprimermi, visto che la scuola ho potuto frequentarla solo fino alla quinta elementare, ma spero che quanti le leggeranno sapranno capirmi e capire i miei sentimenti.
Nel 1985 mi traferii da Terzera alla canonica di Valdifusa dove sono rimasto fino al 2003 e dove ho lavorato fino al 2007.
Ancora oggi, quando mi sento giù di morale mi reco sul posto rievocando i bei ricordi della gioventù e, guardandomi indietro, mi chiedo come facessi a lavorare tutto quel terreno, la bellezza di 101 ettari. Un posto che ho lasciato ma un posto che non ha lasciato me.
Carlo Fabbri (Rose Rosse)