Incontro pubblico con Alessio Mammi assessore regionale all’agricoltura

Martedì 10 giugno 2025 presso i Vecchi Magazzini, ospite della Lega del Suono Buono che cura la gestione di questa sala, si è svolto un incontro pubblico con l’assessore regionale all’agricoltura, al suo secondo mandato e già ospite di Casola per la quarta volta.
Tema dell’incontro: le misure per l’agricoltura di montagna nel programma di sviluppo rurale 2023/2027 e la situazione della castanicoltura. Dopo i saluti del nostro Sindaco è intervenuto il Presidente del GAL “*L’altra Romagna*” che ha illustrato i bandi aperti da questo organismo che veicola i contributi dell’UE in merito allo sviluppo locale e in cui siede anche Nati come membro nel consiglio di amministrazione in rappresentanza della Romagna Faentina. Ci sono due bandi aperti che riguardano il ripristino della viabilità rurale e che sono rivolti sia ai privati che ai soggetti pubblici. Offrono la possibilità di finanziare lavori di vario tipo su strade a uso pubblico e privato con contributi che vanno dall’80 al 100% a seconda del soggetto richiedente. Molto interessante per alcune zone del territorio casolano è il prossimo bando che si apre a giorni e che riguarda la costruzione di acquedotti rurali laddove ancora non esistono pur in presenza di abitazioni. Sarà un contributo a copertura dell’80% delle spese.
A fine estate, ha concluso il presidente Mauro Pazzaglia, partirà un bando per le attività commerciali e turistiche con contributi che arriveranno anche a 30.000,00 € per i nuovi insediamenti specialmente se condotti da giovani. Ricordiamo che i contributi del GAL hanno reso possibile a Casola il rifacimento del coperto del capannone della Mingotta e il recupero per la ricezione turistica di Monte Battaglia.
E’ poi seguito l’intervento di Valtiero Mazzotti direttore generale dell’assessorato all’agricoltura regionale
che ha esposto le linee di intervento del PSR inerenti le nostre zone.
Un primo tassello importante è il sostegno all’insediamento dei giovani agricoltori per i prossimi 5 anni, poi il raddoppio dell’indennità compensativa che interessa gli imprenditori della montagna e un nuovo bando in partenza a settembre che riguarderà il contributo agli agricoltori che si impegneranno ad attuare misure di prevenzione al dissesto idrogeologico nelle aree a rischio come quella di Casola.
Il secondo punto all’ordine del giorno era la castanicoltura. Il tema è stato introdotto da Giovanni Pancaldi, funzionario regionale coordinatore dell’ organismo creato dalla Regione nel 2021 col compito di redarre un piano castanicolo a supporto di questo settore cardine per la montagna.
Pancaldi ha tracciato dapprima un quadro poco consolante sul settore. La contrazione dei castagneti nella nostra regione è stata consistente negli ultimi decenni anche se negli ultimi anni si assiste a un rinnovato interesse su questa coltura. Altro dato che caratterizza la castanicoltura è l’età media abbastanza alta degli imprenditori e la dimensione ridotta di queste aziende che mediamente si attesta sui 2 ettari appena.
Chiediamo a Roberto Rinaldi Ceroni, membro di questo Tavolo Castanicolo in rappresentanza dell’UNCEM regionale (ente che raccoglie i comuni e le comunità montane) quali sono state le azioni svolte in questi 5 anni di lavoro
*Abbiamo cercato di elencare le priorità del settore individuando 5 punti. Prima di tutto la richiesta di una semplificazione burocratica. Il castagneto sta a metà fra il frutteto e il bosco. Infatti è un agroecosistema che salvaguardia l’ ambiente forestale integrandosi nel rispetto dei suoi equilibri. Purtroppo per recuperare i castagneti abbandonati si corre il rischio di andare contro le norme di salvaguardia paesaggistica con rilievi anche penali. Quindi serve chiarezza nell’interpretazione delle norme. Poi c’è la difesa dagli ungulati, capriolo e cinghiale soprattutto. Recintare un castagneto con il filo elettrico non è cosa semplice come per un campo e i danni sono consistenti. Poi il comparto vivaistico dove si lamenta la difficoltà di reperire materiale di propagazione, ma soprattutto dove manca la ricerca di piante portinnesto per realizzare nuovi castagneti più razionali, bassi di taglia, facili da potare. Nell’ambito del Tavolo Castanicolo è nata anche l’idea di realizzare un Distretto del Cibo del marrone e della castagna che abbracci tutto il settore della nostra regione. C’è una legge nazionale che riconosce questi organismi come soggetti che riuniscono tutti gli attori della filiera, dai produttori, ai trasformatori alla grande distribuzione, alle università. Il ministero finanzia questi Distretti per azioni di promozione, di miglioramento dei castagneti, di acquisto per attrezzature nella cernita e trasformazione e per la ricerca. Insomma un’opportunità da cogliere. Sull’esempio della Campania anche nella nostra regione è stata la Coldiretti a prendere l’iniziativa e verificarne la fattibilità. Ma forse la cosa più concreta, a cui ha lavorato molto il nostro coordinatore Giovanni Pancaldi, è stato il finanziamento di una misura a tutela delle colture arboree a valenza ambientale. Parliamo di quasi trecentomila euro disponibili per le aziende castanicole a partire dal prossimo anno e già sperimentata con successo l’anno scorso.*
Fra gli interventi del pubblico riportiamo quello di Renzo Panzacchi, coordinatore dei consorzi dei castanicoltori dell’Emilia Romagna, che ha presentato il marchio di tutela del marrone emiliano. Si tratta di un marchio che raccoglie il prodotto di tre province e a cui si approvvigionerà in esclusiva la grande distribuzione per i propri negozi. A seguire anche Giuseppe Pifferi, presidente della nostra associazione dei castanicoltori, ha espresso la volontà di realizzare un marchio del marrone dell’appennino romagnolo.
L’assessore ha poi svolto le conclusioni. La regione, ha detto Mammi, ha riservato alla montagna il 40% delle risorse del piano di sviluppo anche se rappresenta soltanto il 20% dell’agricoltura regionale.
Abbiamo raddoppiato l’indennità compensativa per questi imprenditori perché fare agricoltura nei terreni declivi porta con sé maggiori costi e perché siamo convinti che la loro sia anche una funzione di presidio idrogeologico e di contrasto allo spopolamento. Servirebbe una fiscalità speciale perché chi abita la montagna soffre la carenza di servizi e deve spostarsi per necessità ma sempre a proprie spese. Purtroppo questa non è una competenza della regione. Però se la montagna si spopola si perde il governo idraulico di questi territori con conseguenze che si ripercuotono drammaticamente a valle.